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Concorsi pubblici, basta proroghe infinite, ora ti devono assumere entro tre anni: ecco le novità del Milleproroghe

Pubblicato il: 13/12/2024

Nel settore del pubblico impiego non sarà più possibile prolungare all'infinito le procedure di reclutamento. D'ora in poi, le selezioni dovranno essere completate entro tre anni, senza alcuna possibilità di proroga. Qualora il termine non venga rispettato, gli enti coinvolti perderanno sia la facoltà assunzionale concessa, sia i fondi già stanziati a tal fine.
L'ultima proroga consentita riguarderà il 2025, offrendo alle Pubbliche Amministrazioni un ultimo margine temporale per portare a termine le procedure di reclutamento ancora in sospeso, dopo ben 11 anni di rinvii consecutivi.

Questo è uno dei punti centrali del decreto-legge Milleproroghe, approvato lunedì dal Consiglio dei Ministri. Il decreto prevede, inoltre, la conclusione definitiva di un'altra proroga storica che interessa i Comuni, in particolare i piccoli enti. Si tratta dell'obbligo, introdotto dal D.L. 78/2010 (decreto Calderoli), di gestire in forma associata le funzioni fondamentali.
Tale previsione, da sempre osteggiata dai Comuni, è stata oggetto di rinvio per ben 14 anni consecutivi. Nel frattempo, la normativa è stata parzialmente invalidata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 33/2019, che ha giudicato illegittimo l’art. 14 del decreto Calderoli, nella parte in cui non consentiva ai Comuni di dimostrare che l'associazione delle funzioni non comportava né risparmi né un miglioramento dei servizi pubblici.

Per garantire maggiore efficienza e razionalità al sistema delle assunzioni pubbliche, il decreto varato dal Consiglio dei Ministri introduce nuove regole, che pongono fine al continuo prolungamento delle graduatorie dei concorsi nel pubblico impiego. Finora, il problema dei ritardi nella pubblicazione e conclusione delle procedure di reclutamento veniva affrontato con proroghe annuali. Ora, invece, una norma permanente sarà integrata nel Testo unico sul pubblico impiego (D.Lgs. 165/2001).
La nuova disposizione stabilisce che tutte le procedure di reclutamento devono essere concluse entro tre anni, pena la decadenza delle facoltà assunzionali e dei fondi correlati. La norma, applicabile a partire dal 2025, concede un'ultima proroga per il 2024, al fine di completare le assunzioni ancora in corso.

Un'altra misura del Milleproroghe riguarda lo scudo erariale, che viene prorogato fino al 30 aprile 2025. Questo istituto limita la responsabilità erariale dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti esclusivamente ai casi in cui il danno sia stato “dolosamente voluto”, escludendo dunque le ipotesi di colpa grave.
Introdotto dal governo Conte-bis nel 2020 (art. 21, comma 2, D.L. 76/2020) per incentivare gli investimenti pubblici durante la pandemia e ridurre la cosiddetta “paura della firma” tra i dirigenti pubblici, lo scudo è stato prorogato dai governi successivi fino a oggi. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 132/2024, aveva dichiarato questa misura legittima solo in quanto temporanea e in attesa di una riforma organica.

La riforma tanto attesa è stata affidata a una proposta di legge presentata da Tommaso Foti, ex capogruppo di Fratelli d’Italia e attuale ministro per gli Affari europei, le politiche di coesione e il PNRR. La proposta, oggi in esame presso le commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera, introduce nuove regole sulla responsabilità erariale.
In particolare, prevede un tetto massimo alla sanzione erariale: salvo i casi di illecito arricchimento, la multa non potrà superare l’equivalente di due annualità dello stipendio del responsabile. Inoltre, sarà obbligatoria una polizza assicurativa per chi gestisce risorse pubbliche. Le amministrazioni potranno destinare parte della retribuzione accessoria di dirigenti e funzionari alla stipula di assicurazioni per coprire eventuali danni patrimoniali da colpa grave, con un massimale pari a due anni di stipendio.
Secondo i promotori, l’assicurazione obbligatoria è necessaria per sopperire alle difficoltà nel recupero dei crediti erariali: solo il 10% di quanto dovuto sulla base di sentenze definitive viene effettivamente incassato. Le cause principali sono gli importi spesso irrealistici delle condanne e l’incapienza economica dei responsabili.

L’estensione dello scudo erariale non è stata accolta favorevolmente dall’Associazione magistrati della Corte dei conti, che ha evidenziato come questa proroga generale non risponda a esigenze eccezionali e contravvenga alla sentenza n. 132/2024 della Consulta.
I magistrati hanno espresso preoccupazione per i cinque anni di mancato risarcimento dei danni erariali derivanti da condotte gravemente colpose, sottolineando che tali perdite resteranno inevitabilmente a carico dei contribuenti.


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