(Adnkronos) – Il Rapporto Inapp 2024 (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) esplora il futuro del mercato del lavoro italiano e propone un cambio di visione per affrontare le sfide strutturali legate all’invecchiamento della popolazione e alla crescente pervasività delle tecnologie digitali. Il rapporto evidenzia risultati positivi, come la crescita dell’occupazione, con un aumento in Italia del 3,5% tra dicembre 2019 e ottobre 2024, con oltre 1 milione di nuovi posti di lavoro creati. Questo risultato ha portato il numero degli occupati a 24,1 milioni, con un tasso di occupazione record del 62,5%. Tuttavia, permane una differenza del tasso di occupazione tra Italia e i 20 principali Paesi della UE che risulta essere, da un’indagine Eurostat 2023, di -8,5% del T.O. equivalente a 3,156 milioni di posti di lavoro a parità di popolazione. Circa il 70% della carenza di occupati italiana risulta concentrata nei comparti influenzati dalla spesa pubblica: la sanità e l’assistenza (-1,270 milioni), la pubblica amministrazione e l’istruzione. Persistono ulteriori criticità. 1) Tasso di inattività elevato: un terzo della popolazione in età lavorativa non partecipa al mercato del lavoro, con una forte concentrazione di giovani e donne. In particolare, nel Mezzogiorno il tasso di inattività femminile raggiunge il 58,2% e supera di 10 punti la media UE. 2) Difficoltà nel reperire lavoratori: oltre il 47% delle imprese segnala problemi nel trovare personale idoneo, un dato in crescita di oltre 22 punti rispetto al 2019. L'occupazione femminile è ostacolata anche dalla carenza di servizi di cura, che da una ricerca INAPP del 2023 sono alla base del 18% delle uscite lavorative e del 40% delle dimissioni volontarie delle donne. La riduzione demografica di circa 4 milioni di persone in età di lavoro entro il 2040 e la diffusione delle tecnologie digitali nei processi produttivi sono fattori che aggravano il fenomeno in oggetto. 3) Disallineamento tra domanda e offerta di lavoro: il mismatch è alimentato da una formazione professionale poco aderente ai fabbisogni delle imprese e da una riduzione della popolazione attiva. La chiave per superare questo disallineamento è rappresentata dalle politiche attive per il lavoro. Il varo del Programma Gol ha consentito, in prima istanza, di elevare la partecipazione formale alle politiche attive del lavoro delle persone in cerca di lavoro (+178%) e al 30 novembre 2024 ha permesso a 3,1 milioni di persone di essere presi in carico. Di questi, circa 1,9 milioni (61,3%) hanno avviato o concluso una politica attiva o un tirocinio extracurriculare. Al 30 novembre 2024 il sistema delle Comunicazioni obbligatorie segnalava un esito occupazionale positivo per 1.139 mila lavoratori, pari al 36,6% del totale dei presi in carico, tra i quali il 58% assunti con contratti di natura temporanea. Tuttavia, dalle attività di monitoraggio emergono diverse criticità: la crescente difficoltà nel sincronizzare le modalità e i tempi delle prese in carico; la bassa efficacia delle misure formative per le finalità occupazionali; il mancato funzionamento delle condizionalità previste per i beneficiari dei sostegni al reddito. Queste criticità evidenziate motivano l’esigenza di una riforma organica delle politiche attive del lavoro. Il Rapporto Inapp 2024 evidenzia, la necessità di un approccio innovativo per affrontare le problematiche del mercato del lavoro. Questo cambio di paradigma deve mettere al centro delle politiche economiche e lavorative l’obiettivo di incrementare la produttività, migliorare le competenze dei lavoratori e garantire un utilizzo ottimale delle risorse umane. L’evoluzione richiesta non si limita alla gestione delle risorse pubbliche o alle competenze delle amministrazioni. E' necessaria una collaborazione articolata ed integrata tra istituzioni formative, rappresentanze delle imprese, organizzazioni dei lavoratori e del Terzo settore. Impiegare al meglio le risorse finanziarie, tecnologiche e umane disponibili rappresenta il percorso fondamentale per affrontare le criticità del sistema produttivo e migliorare l’equità nella redistribuzione del reddito. “Gli incentivi per le assunzioni, nella forma degli sgravi contributivi, hanno mobilitato una parte rilevantissima delle risorse pubbliche destinate alle politiche per il lavoro. Nel 2023 sono stati utilizzati per il 25% delle nuove attivazioni, che salgono al 42% per la componente femminile (il 77% delle assunzioni agevolate delle donne riguarda contratti a termine e part-time). Il 50% delle imprese con meno di 50 dipendenti, per la gran parte nei comparti dei servizi, ha utilizzato le agevolazioni”. A dirlo Natale Forlani, presidente Inapp, Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, in occasione della presentazione del Rapporto. “La rilevanza dell’utilizzo degli incentivi nei settori caratterizzati da una elevata flessibilità dei rapporti di lavoro – spiega – ha vanificato l’obiettivo primario di favorire le assunzioni a tempo indeterminato per la durata minima di tre anni. La media effettiva dei rapporti di lavoro incentivati per tale scopo non supera infatti i 16 mesi. Sono esiti che trovano conferme anche nelle analisi precedenti dell’Inapp, che non evidenziano una significativa incidenza degli sgravi contributivi sulla evoluzione delle tipologie dei rapporti di lavoro e dei trattamenti salariali. In alcuni comparti di attività essi potrebbero aver contribuito positivamente alla riduzione delle prestazioni sommerse”. “L’eccessiva estensione degli incentivi per le diverse categorie di disoccupati – chiarisce – ha comportato inevitabilmente uno spiazzamento negativo per quelle più svantaggiate. Le ricerche Ril-Inapp evidenziano la particolare efficacia, per la crescita della produttività e il miglioramento delle condizioni di lavoro, degli incentivi finalizzati agli investimenti condizionati dalla promozione di programmi formativi per i lavoratori coinvolti. Risultati analoghi vengono riscontrati nell’indagine Inapp-Fondimpresa sugli esiti dei progetti di formazione continua. Con l’utilizzo dei dati dell’indagine campionaria Icp-Inapp integrati con le informazioni della Rilevazione continua delle forze di lavoro-Inapp, è stata svolta anche una prima indagine sulle professioni ad alto rischio di sostituzione (23%). Nel primo trimestre di quest’anno sarà presentato un primo rapporto dell’impatto sull’occupazione e sulle retribuzioni”. “La crescita degli investimenti – avverte Forlani – risulta inadeguata nei comparti di attività, in particolare dei servizi, caratterizzati da alta intensità di occupazione e da bassa produttività. Gli obiettivi della transizione digitale e ambientale possono essere colti se si individuano modalità capaci di trasferire le innovazioni tecnologiche e di soddisfare la domanda di nuove competenze nelle piccole imprese. La costituzione della Zona economica speciale (Zes) unica per il Mezzogiorno rappresenta un’occasione straordinaria per aumentare l’attrattività di investimenti e le opportunità lavorative: la chiave del successo delle politiche può essere rappresentata dall’utilizzo di incentivi che combinano investimenti e programmi formativi finalizzati ad adeguare le competenze dei lavoratori”. “Il 55% dei lavoratori stranieri immigrati – ricorda – è occupato nei servizi alle persone, nelle costruzioni, negli alberghi e ristorazione, nell’agricoltura e nei trasporti e magazzinaggio (dati Istat 2023), con livelli di impiego ufficiali e salari inferiori alla media generale. La quota delle famiglie straniere in condizioni di povertà assoluta (30% del totale) è superiore di cinque volte rispetto a quella dei cittadini italiani. Sono numeri che consigliano di aggiornare la lettura dei flussi migratori e delle politiche rivolte a migliorare la qualità e l’attrattività del nostro mercato del lavoro, in un contesto in cui si va formando un mercato del lavoro internazionale alimentato da una domanda di lavoratori qualificati superiore alla capacità di risposta dei mercati del lavoro dei singoli Paesi”. “La possibilità di favorire gli ingressi extra quota dei lavoratori formati nei Paesi d’origine introdotta dalla recente riforma dei flussi – chiarisce – andrebbe ampliata anche ai nuovi ingressi che prevedono i percorsi formativi nel nostro territorio finalizzati all’inserimento lavorativo, sulla base di fabbisogni circostanziati e responsabilizzando le imprese richiedenti o gli operatori per l’intermediazione accreditati sull’esito lavorativo”. “Nonostante le innovazioni introdotte per ridurre i tempi per la gestione delle procedure – spiega – le quote assegnate con le modalità dei click day continuano a risultare distanti da una corretta valutazione dei fabbisogni della domanda di lavoro. Le domande presentate dalle imprese risultano disallineate rispetto alla consistenza delle attività produttive nei territori, e per una parte rilevante degli stranieri entrati in Italia con un relativo nulla osta non è stato sottoscritto un regolare contratto di lavoro. La gran parte di tali domande proviene da comparti economici caratterizzati da un’incidenza delle prestazioni sommerse superiore alla media nazionale e da una presenza elevata di lavoratori stranieri”. “Le risorse messe a disposizione dal Pnrr per le politiche del lavoro – ricorda – hanno consentito di finanziare il Programma nazionale di politiche attive del lavoro Gol (Garanzia di occupabilità dei lavoratori), dotato di 5,4 miliardi di euro, che propone di raggiungere nell’arco del quinquennio 2021-2025 una serie di obiettivi (target): la presa in carico di almeno 3 milioni di beneficiari delle misure, tra i quali il 75% disoccupati di lunga durata, donne, giovani under 30, disabili, lavoratori over 55; 800 mila beneficiari di attività di formazione tra i quali 300 mila per le competenze digitali”. “Il Programma – fa notare – viene affiancato da un ulteriore intervento per potenziare i cpi al fine di garantire l’erogazione di servizi relativi ai Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) nell’80% degli sportelli pubblici di ogni regione. Il varo del Programma Gol ha rappresentato una novità importante nello scenario delle politiche attive del lavoro per i livelli di cooperazione attivati dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali nella programmazione delle attività e per la gestione degli interventi sulla base di standard e di informazioni condivise. Il Programma ha consentito, in prima istanza, di elevare la partecipazione formale alle politiche attive del lavoro delle persone in cerca di lavoro (+178%) e di costruire modelli di valutazione (assessment) per orientare i percorsi di inserimento dei disoccupati sulla base dei fabbisogni formativi personalizzati e per adeguare o riqualificare le competenze con il coinvolgimento a valle dei soggetti privati e del privato sociale accreditati”. “Dall’avvio del Programma Gol al 30.11.2024 – sottolinea – sono oltre 3,1 milioni gli individui presi in carico attraverso la sottoscrizione di un patto di servizio. Di questi, circa 1,9 milioni (61,3%) hanno avviato o concluso una politica attiva o un tirocinio extracurriculare. Escludendo la componente dei cosiddetti work-ready (percorso 1 di reinserimento lavorativo), corrispondente a circa la metà degli individui presi in carico, la quota di individui avviati a un’attività formativa supera di poco il 20% (328 mila individui). La metà del bacino è rappresentata dagli adulti tra i 30 e i 54 anni e, sommando la quota degli over 55, supera il 70%. Gli individui non immediatamente occupabili sono quelli che presentano maggiori caratteristiche di vulnerabilità. Il 25% richiede percorsi di formazione per adeguare le competenze, e il 21,4% per riconvertirle, il 56% è costituito da donne. Il 45,3% delle persone prese in carico risulta disoccupato da oltre 12 mesi”. “La misura per l’inserimento lavorativo – suggerisce il presidente Forlani – più utilizzata è quella dei tirocini extracurriculari che riscontrano buoni esiti occupazionali. Sul totale dei tirocini avviati e conclusi nel 2021 e con almeno un mese di esposizione alla ricerca di lavoro (pari a 312.894), il 48,6% ha una Comunicazione obbligatoria (Co) per lavoro a un mese dalla conclusione dell’esperienza, pari a 151.987 tirocini. Al 30 novembre 2024 il sistema delle Co segnalava un esito occupazionale positivo per 1.139 mila lavoratori, pari al 36,6% del totale dei presi in carico, tra i quali il 58% assunti con contratti di natura temporanea. I tassi di occupazione risultano più elevati (45,5%) per il contingente delle persone più prossime al mercato del lavoro, o che richiedono un percorso di parziale adeguamento delle competenze (37,2%)”. “I valori – spiega – si abbassano per quelle avviate ai percorsi di formazione per la riconversione delle competenze (18,3%) o se associati a programmi di inclusione sociale (19,7%). Le attività di monitoraggio segnalano diverse criticità. In particolare, una crescente difficoltà: nel sincronizzare le modalità e i tempi delle prese in carico con l’attivazione delle misure formative e con i fabbisogni della domanda di lavoro; nel valutare l’efficacia delle misure di politica attiva utilizzate per le finalità occupazionali, per il mancato funzionamento delle condizionalità previste per i beneficiari dei sostegni al reddito. Due linee di intervento, quella finalizzata all’inserimento dei soggetti con elevati livelli di disagio e quella relativa ai programmi collettivi di reinserimento dei lavoratori nelle aree di crisi, non riscontrano significativi risultati. Queste criticità risultano accentuate dalla carenza di solide modalità di coinvolgimento dei soggetti accreditati privati e del privato-sociale nella valutazione dei fabbisogni e nella progettazione degli interventi”. “L’attuazione dei Lep nei 750 centri pubblici per l’impiego – fa notare – risulta difforme nel territorio. L’obiettivo di promuovere un punto rete ogni 40 mila abitanti trova riscontro solo per un terzo delle sedi. Per quanto riguarda le caratteristiche dei servizi erogati, solo quelli attinenti all’accoglienza e alle informazioni per gli utenti registrano una congrua diffusione sul territorio (90%). Le disparità territoriali sono notevoli per le attività di orientamento, per la facilitazione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro e per i servizi rivolti alle imprese. L’evoluzione delle piattaforme per la condivisione di informazioni sui fabbisogni della domanda di lavoro e dell’offerta formativa ha contribuito all’avvio del Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisl) per supportare l’accesso alle nuove misure di riforma del Reddito di cittadinanza (Rdc), dell’Assegno di inclusione (Adi) e del Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl), fornendo la matrice per estendere l’utilizzo a tutto il sistema delle politiche attive del lavoro. Il potenziale di sviluppo del Siisl, recentemente aperto alla partecipazione diretta delle persone e delle imprese, per facilitare l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro è enorme, per la disponibilità di informazioni e di banche dati che non sono ancora adeguatamente sfruttate, nonché per la finalità di condividere una lettura più evoluta delle transizioni lavorative attraverso l’utilizzo delle applicazioni di intelligenza artificiale. Le criticità evidenziate motivano l’esigenza di una riforma organica delle politiche attive del lavoro orientata dalla necessità di concorrere alla riduzione del mismatch e dei tempi delle transizioni lavorative: per sviluppare modelli di governance multilivello capaci di coinvolgere nella programmazione e nella progettazione degli interventi il complesso delle istituzioni, delle parti sociali e dei soggetti accreditati per la formazione e l’intermediazione della domanda e offerta di lavoro; per favorire la diffusione di modelli cooperativi (ad esempio le associazioni di scopo), finalizzati a offrire servizi integrati di orientamento e di formazione; per favorire lo sviluppo del Siisl con letture evolute delle transizioni lavorative e con l’introduzione e diffusione del fascicolo del lavoratore come strumento in grado di favorire la crescita dell’autostima personale e la produttività dei percorsi di attivazione delle misure; per rendere effettive le condizionalità per i beneficiari di sostegni al reddito. Tutte le offerte di lavoro coerenti con il profilo professionale delle persone dovrebbero essere accettate, anche per aumentare il tasso di impiego nei settori con elevata mobilità e ridurre la quota dei lavoratori con bassi redditi. L’accettazione dei rapporti di breve durata potrebbe essere incentivata rendendo compatibile entro certi limiti la continuità del sostegno pubblico e il salario percepito”. “In Italia – suggerisce il presidente Forlani – bisogna dare priorità assoluta al rafforzamento dei percorsi in duale (apprendistato e tirocini extracurricolari), con la costruzione di una cornice condivisa normativa e contrattuale nazionale in grado di valorizzare in modo organico le innovazioni normative; alla flessibilizzazione e personalizzazione dell’offerta formativa finalizzata ad accelerare i tempi dell’inserimento lavorativo, da erogare anche nell’ambito lavorativo certificando le competenze acquisite; alla predisposizione di moduli formativi per rafforzare la capacità di orientamento e le competenze digitali”. “La partecipazione ai corsi di formazione professionale – spiega – rimane attestata sull’8% dei giovani e in riduzione sul piano numerico (da 228 mila del 2022 a 210 mila nel 2023). Rispetto all’offerta di corsi, si segnala un aumento nei territori del Mezzogiorno, ma la quota maggioritaria dei diplomati, il 55%, continua ad essere generata in Lombardia. Il dato positivo è rappresentato dalla costante progressione del numero dei percorsi di formazione in alternanza proposti, con il raddoppio degli iscritti nell’a.f. 2022-2023 (oltre 108 mila) rispetto all’anno precedente, grazie alle importanti risorse stanziate dal Pnrr. L’istituto dell’apprendistato registra una lenta crescita della partecipazione in tutto il territorio nazionale, 556 mila contratti nel 2022 tra i quali 312 mila nelle regioni del Nord, e concentrato nella modalità dell’apprendistato professionalizzante (97,7%)”. “La previsione di estendere – afferma – la partecipazione ai disoccupati adulti senza vincoli di età (decreto legislativo n. 81/2015) non ha riscontrato una pratica attuazione. L’incidenza di questo rapporto di lavoro rimane distante dai livelli di utilizzo nei principali Paesi europei che privilegiano l’apprendistato per veicolare i percorsi in alternanza e per valorizzare la formazione anche tra i lavoratori adulti. L’istituto dei tirocini extracurriculari ha registrato una concreta attuazione, 1,150 milioni nel quadriennio 2020-2023, come strumento finalizzato all’inserimento al lavoro dei disoccupati (75,4%) piuttosto che un canale di orientamento nelle scelte professionali e all’occupabilità nel percorso di transizione tra scuola-università e lavoro (10%). Il tasso di partecipazione delle scuole secondarie e delle università nella loro attivazione è inferiore al 4%. L’11,6% della popolazione in età lavorativa compresa tra i 25 e i 64 anni ha partecipato ad attività di istruzione e formazione, con una crescita di 2 punti percentuali rispetto all’anno precedente e di 4 posizioni (dal 18° al 14° posto) nel ranking dei Paesi europei, ma rimane distante dai Paesi leader che registrano tassi di gran lunga superiori al 20%”. “La crescita degli interventi diretti dei 19 Fondi interprofessionali promossi dalle parti sociali, con l’adesione formale di circa 770 mila imprese e di circa 11 milioni di lavoratori – sostiene – è stata stimolata dai cofinanziamenti del Fondo nuove competenze con la mobilitazione di 1,256 miliardi di euro tra il novembre 2020 e il dicembre 2023. I Fondi paritetici interprofessionali, in particolare con il II Avviso del Fnc, hanno favorito la promozione di 5.144 piani formativi con il coinvolgimento di 5.173 aziende e 480 mila lavoratori. Il Fondo nuove competenze è stato recentemente rifinanziato con una dote di 730 milioni di euro (novembre 2024) per potenziare le competenze green e digitali. Oltre alla debolezza del sistema duale, risulta carente l’offerta formativa rivolta ad adeguare le competenze nelle transizioni lavorative, valorizzando l’ambito lavorativo e i percorsi di micro-learning che rivestono una grande importanza per l’evoluzione delle competenze della popolazione adulta e, in particolare, per l’invecchiamento attivo. Le rilevazioni Cedefop 2023 segnalano l’elevato gradimento delle imprese europee per queste pratiche (63%). Il fenomeno è confermato anche nell’indagine Inapp Indaco-imprese per le imprese italiane: il 22,4% delle imprese con oltre 250 dipendenti adotta il micro-learning a fronte del 7,3% delle microimprese, mentre per quanto riguarda la formazione digitalizzata, il 33% l’ha adottata per almeno il 75% dei progetti informativi attivati. L’indagine Inapp Indaco-adulti 2022 segnala anche il grande potenziale di sviluppo delle attività formative non convenzionali: il 45,4% delle persone tra i 18 e i 64 anni ha partecipato a percorsi strutturati di apprendimento con tutor o docenti considerati, a pieno titolo, apprendimento non formale nell’indagine Adult Education Survey di Eurostat”. “Questi riscontri – commenta Natale Forlani – sembrano compensare, almeno in parte, quelli negativi che scaturiscono dall’indagine Ocse-Piaac sulle competenze cognitive della popolazione dei Paesi sviluppati, curata dall’Inapp per la parte italiana, che conferma la collocazione del nostro Paese nella bassa classifica sui tre indicatori utilizzati (la comprensione dei testi, l’utilizzo di informazioni matematiche, la capacità di risolvere problemi in modo dinamico). Lo sviluppo dell’Atlante del Lavoro e delle qualificazioni dell’Inapp consente di valutare i fabbisogni formativi in modo personalizzato sulla base delle caratteristiche degli individui e delle organizzazioni del lavoro. E’ uno strumento che può essere utilizzato dai centri per l’impiego e dagli operatori accreditati per condividere informazioni e per progettare le offerte formative, anche per valorizzare l’apprendimento pratico negli ambiti lavorativi e le competenze trasversali”. “La contrattazione collettiva nazionale – fa notare – non appare in grado di incentivare la crescita dei salari reali se non vengono adottati altri indicatori per orientare gli aumenti delle retribuzioni: l’incremento della produttività dei fattori; il fabbisogno di lavoratori competenti; l’attrattività delle proposte salariali rispetto all’andamento dell’offerta di lavoro. Il potenziamento del secondo livello aziendale o territoriale è il complemento necessario per rendere aderente la contrattazione collettiva alle evoluzioni delle organizzazioni produttive e del mercato del lavoro”. —lavoro/datiwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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