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Dipendenti pubblici, arriva il pignoramento dello stipendio in caso di debiti: ecco i parametri a cui devi stare attento

Pubblicato il: 22/01/2025

Le pubbliche amministrazioni e le società a partecipazione pubblica, prima di erogare stipendi o emolumenti superiori ai 2.500 euro, devono verificare l’esistenza di debiti fiscali non saldati superiori ai 5.000 euro. A prevederlo è la L. 207/2024, legge di bilancio 2025, ai commi 84 e 86 dell’articolo unico; il nuovo regime entrerà in vigore nel 2026, così consentendo alle amministrazioni pubbliche il tempo necessario per adeguare i sistemi informatici ai nuovi controlli.

Quale sarà l'impatto sulle casse erariali?

Secondo i dati del Ministero delle Finanze, circa 250.000 dipendenti pubblici hanno debiti superiori a 5.000 euro e 30.000 dipendenti percepiscono stipendi medi di 3.500 euro mensili, sui quali verrà applicato il pignoramento. L’introduzione della misura dovrebbe, dunque, garantire un gettito di 36 milioni di euro nel 2026 e 90 milioni di euro annui a regime.

Ma vediamo, più nel dettaglio, le implicazioni connesse al dettato normativo e cosa in concreto può fare il dipendente per mettersi in regola.

In sostanza, per effetto delle citate disposizioni normative, se il dipendente della pubblica amministrazione risulta debitore, l’erogazione della somma – da effettuare a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o d'impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento – viene bloccata e segnalata all’agente della riscossione.

In particolare bisogna prestare attenzione ai seguenti parametri:

  • soglia del debito: i lavoratori pubblici che hanno cartelle per un importo di almeno 5 mila euro troveranno automaticamente bloccato il pagamento di una parte dello stipendio.
  • soglia dello stipendio: il blocco si applicherà, però, soltanto ai lavoratori che hanno uno stipendio maggiore di 2.500 euro lordi al mese.
  • limite di pignorabilità: l’entità del blocco varierà in base allo stipendio percepito. Per gli stipendi superiori a 2.500 euro si applica il settimo, mentre per emolumenti una tantum, come la tredicesima, il decimo.

Più chiaramente: per gli statali che guadagnano mensilmente più di 3.500 euro, il blocco sarà pari a 500 euro al mese fino al saldo completo del debito Al contrario, per i dipendenti pubblici che percepiscono 1.500 euro e superano la quota dei 2.500 euro solo tramite la tredicesima, il pignoramento dovrebbe corrispondere a un decimo dello stipendio, pari a una media di 150 euro al mese.

Come si anticipava, il nuovo regime sanzionatorio sarà operativo non prima del 2026, per consentire all’Agenzia delle Entrate – Riscossione (AdER) di aggiornare le piattaforme di controllo e a tutte le amministrazioni pubbliche di perfezionare il meccanismo di verifica.

Sebbene la notizia desti preoccupazione, tuttavia non bisogna cedere al panico ma, piuttosto, cogliere l'occasione per rivedere la propria posizione fiscale e affrontare eventuali errori nelle cartelle ricevute, che spesso sono alla base di procedimenti di pignoramento.
Per gli statali inadempienti lo slittamento dell’entrata in vigore si traduce, infatti, in più tempo a disposizione per sanare il dovuto senza effetti sulla busta paga. Occorre, poi, rammentare che il D.Lgs 110/2024 ha ampliato la possibilità di contestare le cartelle esattoriali, anche in casi in cui in passato era difficile farlo. E questo potrebbe significare un'opportunità di ottenere una riduzione o l'annullamento dei debiti fiscali, rendendo la strada per il recupero più accessibile.

Fino al 31 dicembre 2024, i contribuenti avevano 30 giorni per pagare, chiedere rateizzazione o fornire chiarimenti. A partire dal 1° gennaio 2025, il termine invece si allunga a 60 giorni e ciò, allo stesso tempo, agevolerà i contribuenti nel raccogliere la documentazione necessaria e presentare eventuali giustificazioni o contestazioni tramite il canale telematico Civis.


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