Pubblicato il: 22/01/2025
Secondo quanto prescrive il contratto collettivo del comparto Funzioni Locali 2019/2021 (il contratto che si applica ai Comuni), l’adesione al lavoro agile ha natura consensuale e volontaria e “l’amministrazione nel dare accesso al lavoro agile ha cura di conciliare le esigenze di benessere e flessibilità dei lavoratori con gli obiettivi di miglioramento del servizio pubblico, nonché con le specifiche necessità tecniche delle attività […] fermi restando i diritti di priorità sanciti dalle normative tempo per tempo vigenti”.
Al riguardo il nuovo regolamento in materia di lavoro agile approvato, lo scorso mese di dicembre, dalla Giunta comunale di Roma Capitale, nel definire le modalità di realizzazione del lavoro a distanza, prevede:
- la possibilità per i dipendenti di lavorare a distanza per due giorni a settimana (o 8 giorni in un mese);
- la possibilità di estendere il lavoro a distanza fino a 5 giorni settimanali in alcuni casi specifici (in caso di necessità di recuperare arretrati o di velocizzazione di procedimenti amministrativi, oppure per gravi e documentati motivi di salute del dipendente o in caso di eventi calamitosi e a carattere straordinario e momentaneo);
- le casistiche specifiche che hanno la priorità per l’accesso al lavoro a distanza come, ad esempio, i dipendenti con figli fino a 12 anni, quelli con disabilità riconosciuta ai sensi dell’art. 33 L. n. 104 del 1992, i caregiver, coloro che sono residenti fuori dal Comune o che abbiano compiuto 65 anni di età.
Al regolamento ha fatto poi seguito la circolare della Giunta capitolina, inviata il 30 dicembre 2024. Nel documento l'amministrazione comunale ha imposto misure restrittive nello svolgimento della prestazione in modalità smart, vietandola sostanzialmente in quelle circostanze particolari suscettibili di creare un "ponte".
Si legge testualmente: «non è possibile intervallare periodi di ferie e/o congedo programmati dalla/dal dipendente con giornate di lavoro a distanza temporalmente disgiunte da giornate di servizio in presenza fisica, salvo che la necessità di intervallare l’assenza dal servizio con una singola giornata di lavoro agile non affiancata da almeno un’altra di lavoro in presenza, derivi da esigenze di servizio indicate dal datore di lavoro».
Quindi, la volontà esternata dall’amministrazione comunale è quella di «mantenere ben distinto il lavoro a distanza dalle ferie»: insomma si vieta che un dipendente “allunghi” indebitamente un periodo di riposo (oppure di permesso, come accade – ad esempio – per chi usufruisce dei permessi concessi ex legge104), attaccandovi un giorno di lavoro da casa.
Nella circolare medesima si ribadisce, poi, che i dipendenti non hanno diritto al buono pasto nelle giornate in cui lavorano da casa, a causa dell’«assenza di vincoli orari della prestazione e di rilevazione della presenza in servizio». Ancora, il testo prevede di individuare, tramite le figure apicali di riferimento, «le attività da espletare nelle giornate di lavoro a distanza in termini di risultato da consegnare o di obiettivo da raggiungere (espletamento di pratiche istruttorie, digitalizzazione di atti, redazione di documenti, ecc.)».
Per quanto riguarda invece la «contattabilità del personale nelle giornate in cui opera a distanza», si prevede di base una fascia minima: tra le 10.30 e le 12.30 e poi ancora tra le 14.30 e le 16.30, allargabile (senza comunque eccedere quella tra le 7.30 e le 20) «in presenza di motivate esigenze di servizio».
Tuttavia, resta fermo che il dipendente in smart working decide discrezionalmente quando svolgere l’attività di servizio nell’ambito della giornata lavorativa. Infine, in presenza di «esigenze sopravvenute», il dipendente può essere richiamato a lavorare in presenza, recuperando il giorno di lavoro agile nella stessa settimana. Mentre qualora siano richieste verifiche, attività o incontri, anche straordinari, non sarà poi necessario tornare in sede, «salvo diversa motivata esigenza».
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