Pubblicato il: 29/01/2025
Ma che cosa è cambiato in concreto? Ebbene, insieme alla compagnia assicurativa che copriva la vettura, la società Autostrade per l'Italia è stata condannata dalla Suprema Corte a pagare un risarcimento danni alle vittime di un incidente stradale con conseguenze mortali, determinate dall'assenza del guardrail e dalla conseguente uscita di strada del veicolo. Il sinistro causò il decesso di due donne che viaggiavano lungo la A14 nelle Marche.
Sono passati ormai vent'anni da quel tragico evento che aprì il lungo percorso della disputa giudiziaria, recentemente conclusosi con la condanna di Autostrade per l'Italia, ritenuta responsabile di non aver installato la protezione del guardrail su un tratto di strada ad alto tasso di pericolosità. Una negligenza che costò carissima alle viaggiatrici che, l'11 giugno del 2005, persero la vita a seguito di un tamponamento in un viadotto. L'urto portò la conducente a perdere il controllo del mezzo, sbandando e finendo in una scarpata. Vani i tentativi di soccorso per le due donne.
Ora, come accennato, il provvedimento della Cassazione traccia un nuovo solco da seguire nella giurisprudenza. Come accennato sopra, Autostrade per l'Italia e la compagnia assicurativa coinvolta sono state condannate dai giudici di piazza Cavour al pagamento di 150mila euro di risarcimento dei danni patrimoniali e non. La decisione in oggetto giunge al termine di un articolato iter giudiziario che, nel ricorso in Cassazione, vide Autostrade per l'Italia impugnare la sfavorevole sentenza della Corte d'Appello di Ancona. In particolare, la società condannata a risarcire aveva provato a ribaltare l'esito della decisione, facendo riferimento ad un decreto ministeriale che non prevede l'obbligo di inserire barriere laterali con funzioni di contenimento, se non in caso di tratti di strada di nuova costruzione o di strade – realizzate in precedenza – sottoposte a sostanziali interventi di adeguamento o di rifacimento.
La Corte di Cassazione, tuttavia, è stata tranchant nella sua valutazione della responsabilità gravante su Autostrade per l'Italia, perché se – da un lato – ha accertato che la strada in cui avvenne l'incidente (costruita peraltro nel 1969) non era stata oggetto di alcun intervento di manutenzione recente, dall'altro ha comunque concluso che l'inserimento del guardrail per ragioni di sicurezza si palesava come una necessità basilare per la tutela della salute degli automobilisti. Anzi, nell'ordinanza la Cassazione ha rimarcato che, sulla scorta della legge in vigore al momento dell'incidente stradale, era comunque necessaria l'installazione di una barriera omologata, non essendovi una motivazione plausibile per cui la barriera si interrompesse proprio in un tratto fiancheggiato da una scarpata.
Ecco perché la Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso di Aspi e condannato quest'ultima per responsabilità oggettiva, caratterizzata da una colpa generica, legata alla funzione di "custode" della rete autostradale, all'omesso controllo e alla mancata vigilanza sul tratto di strada e sugli elementi accessori, barriere di protezione comprese. Ad Autostrade non è bastato, quindi, sostenere la tesi del fatto imprevedibile e legato al tamponamento in sé, per escludere la c.d. responsabilità del custode di cui all'art. 2051 del c.c..
Concludendo, la Suprema Corte ha così condiviso le conclusioni della Corte d'Appello, secondo cui la presenza del guardrail avrebbe impedito alla vettura di precipitare, con esiti letali per conducente e passeggera. La presenza della protezione avrebbe infatti salvato la vita alle due donne, perché – come aveva già spiegato il giudice di secondo grado – la velocità a cui viaggiava la macchina al momento del tamponamento, circa 70km/h, sarebbe stata ampiamente "contenuta" da una moderna barriera di contenimento, evitando all'auto di finire nella scarpata.
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