Written by 12:53 pm Ambiente, canapa, Energia, fondali, futuro sostenibile, home, mare, marino, organismi, pesca, reti da pesca, tecnologia Views: [tptn_views]

Le reti da pesca vengono sempre più abbandonate

Negli ultimi decenni, l’abbandono di reti da pesca (ALDFG – Abandoned, Lost or Discarded Fishing Gear) è diventato un problema sempre più rilevante a causa dell’intensificarsi delle attività di pesca e dell’uso di materiali sintetici. Sebbene più economici e resistenti rispetto alle fibre vegetali tradizionali, come la canapa, questi materiali risultano particolarmente dannosi per l’ambiente. Le reti abbandonate continuano a intrappolare la fauna marina, causando il fenomeno della pesca fantasma e arrecando danni significativi agli ecosistemi marini.

Gli effetti sugli ecosistemi marini

Le reti disperse nei fondali marini provocano impatti negativi su diversi habitat. Le praterie di Posidonia oceanica subiscono danni fisici, tra cui ombreggiamento e abrasione, che portano alla morte o allo sradicamento delle piante. Gli ambienti coralligeni vengono compromessi poiché le specie sessili vengono spezzate, ricoperte o abrase, con conseguenze devastanti per l’equilibrio ecologico. La fauna marina mobile è particolarmente vulnerabile, rimanendo spesso intrappolata nelle reti e subendo ferite gravi o la morte per soffocamento o immobilizzazione prolungata.

Le operazioni di recupero delle reti da pesca

Per affrontare questa emergenza, è stata avviata un’operazione di bonifica articolata in più fasi. Dopo una ricognizione iniziale per la mappatura dei fondali mediante strumenti tecnologici avanzati, tra cui Multibeam per la batimetria, Side Scan Sonar per l’individuazione di oggetti sommersi e ROV per il monitoraggio in tempo reale, sono stati ispezionati circa 60.000 m² di fondale marino. Gli interventi di recupero sono stati condotti da Operatori Tecnici Subacquei (OTS), supportati da due imbarcazioni. I subacquei si immergono tramite una gabbia collegata alla nave di supporto e restano in costante comunicazione con la superficie grazie a un cordone ombelicale multifunzione, che fornisce aria, trasmissione audio/video e assistenza. Una volta individuate le reti, queste vengono tagliate in sezioni maneggevoli e sollevate in superficie mediante verricelli.

Tecnologia e tutela ambientale

L’operazione ha fatto uso di tecnologie avanzate per garantire un recupero efficiente e il minimo impatto ambientale. Il Multibeam è stato impiegato per la mappatura dettagliata del fondale, mentre il Side Scan Sonar ha permesso di individuare con precisione gli oggetti sommersi. Il ROV è stato utilizzato per raccogliere immagini e dati in tempo reale. Durante le operazioni, particolare attenzione è stata riservata alla conservazione degli habitat e alla salvaguardia degli organismi intrappolati, tra cui ceranti (anemoni cilindriche), ricci diadema, magnose (simili ad aragoste schiacciate) e madrepore a grappolo, tutte specie protette. Prima della rimozione delle reti, alcuni esemplari di cernia bruna sono stati liberati. Una volta a bordo, le reti sono state accuratamente setacciate per consentire la fuoriuscita di altri organismi marini, come ricci matita, stelle marine, piccoli scorfani e crostacei.

L’utilizzo delle reti recuperate

Le reti recuperate verranno trasportate per il corretto smaltimento e, quando possibile, avviate al riciclo, promuovendo così l’economia circolare e contribuendo alla riduzione dell’impatto ambientale dei rifiuti marini. Questo intervento rappresenta un passo concreto per la salvaguardia degli ecosistemi marini e per la tutela della biodiversità.

L’articolo Le reti da pesca vengono sempre più abbandonate proviene da All Green Friends.

[mc4wp_form id="5878"]
Close