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Visita fiscale INPS, se il datore te la manda troppo spesso potrebbe essere mobbing: ecco come difenderti e cosa fare

Pubblicato il: 03/03/2025

Essere in malattia è una situazione spiacevole per ogni lavoratore, sia per gli ovvi motivi sanitari che per quelli economici. L'Inps, infatti, paga l'indennità di malattia per un importo che costituisce solo una frazione della cosiddetta retribuzione media globale giornaliera. Talvolta si aggiungono anche problematiche legate al comportamento del datore di lavoro che, temendo un possibile abuso del diritto all'astensione dal lavoro per motivi di salute, si attiva per richiedere più visite fiscali, anche in pochi giorni. Ricordiamo che, per legge, tali visite possono essere eseguite sia d'ufficio, che di iniziativa del datore di lavoro pubblico o privato.

Ma quando il diritto dell'azienda a domandarle sfocia nel vero e proprio abuso? Si può parlare di mobbing in questi casi? E, se sì, il lavoratore malato come può tutelarsi?
Ebbene, in materia le norme vigenti sono precise perché – all'art. 5 dello st. lav. – si prevede, in linea generale, la facoltà dell'azienda di proporre – tramite l'Inps – l'effettuazione della visita da parte dei medici fiscali. In particolare, al secondo comma dell'articolo citato si trova scritto che: "il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda".

Questo è quanto previsto dallo Statuto dei lavoratori, ma ciò non significa che, ad ogni richiesta, potrà essere data risposta positiva con l'esecuzione della visita stessa. Infatti, motivi organizzativi o gestionali potrebbero impedire all'istituto di disporre – in un dato giorno – la visita nelle fasce di reperibilità. Oggi, peraltro, queste ultime sono uniformate nel settore pubblico a quelle del settore privato, ossia 10-12 e 17-19, incluse domeniche e festivi.

Tornando alle questioni iniziali, per legge non esiste un numero massimo di visite fiscali. Ma il buon senso suggerisce che l'azienda non possa violare il diritto alla salute e alla dignità del dipendente malato, chiedendo – in modo ossessivo, ripetuto e ingiustificato – una visita fiscale dietro l'altra. In altre parole, l’esercizio del diritto dovrà pur avvenire nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, in applicazione – rispettivamente – dell'art. 1175 del c.c. e dell'art. 1375 del c.c..

In termini concreti, ciò vuol dire, ad esempio, che chiedere due distinte visite fiscali nello stesso giorno – una al mattino e una al pomeriggio – è da considerarsi legittimo, ma se la richiesta in oggetto viene ripetuta al mero fine di pressare il dipendente e spingerlo a tornare al lavoro quanto prima, la condotta dell’azienda potrebbe essere considerata illegittima e qualificabile come mobbing.

Il dipendente avrebbe, cioè, la possibilità di agire legalmente e di ottenere un provvedimento favorevole da parte del giudice, dimostrando la condotta illegittima del datore di lavoro, ad esempio tramite la documentazione delle visite fiscali, le testimonianze di colleghi o le email, i messaggi o le registrazioni, con cui far emergere l'intento dell'ossessivo controllo. Perciò, se i toni delle comunicazioni datoriali appaiono minacciosi o intimidatori, rafforzeranno – in corso di causa – la tesi del mobbing. Analogamente, di atti persecutori potrà parlarsi se la richiesta ossessiva di visite fiscali viene accompagnata da differenti comportamenti vessatori (ad esempio infondate contestazioni disciplinari).

Concludendo, la giurisprudenza in materia rimarca che la visita fiscale ripetuta non è automaticamente mobbing, ma andranno volta per volta valutati – nel merito – sia il contesto che lo scopo del comportamento aziendale. Ecco perché, ad esempio, il tribunale di Teramo, con la sentenza n. 248 del 2023, ha spiegato che anche azioni formalmente legittime (come appunto le visite fiscali) possono costituire mobbing, se inserite in una strategia persecutoria, da dimostrarsi nella causa contro il datore di lavoro.


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