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Lavoratori, puoi essere licenziato anche per comportamenti avuti prima dell’assunzione: nuova sentenza di Cassazione

Pubblicato il: 06/05/2025

Nel contesto dei rapporti professionali e lavorativi, la fiducia costituisce la colonna portante del contratto tra azienda e dipendente. Senza questo presupposto imprescindibile, nessun datore di lavoro si esporrebbe a firmare un contratto, sapendo che il rispetto di principi fondamentali come buona fede, correttezza, lealtà e diligenza potrebbe essere messo a rischio fin dal primo giorno.
La fiducia, tuttavia, può svanire nel tempo, specie quando emergano comportamenti che incrinano irrimediabilmente il legame tra le parti. Tra gli esempi emblematici vi sono furti sul luogo di lavoro, abusi della legge 104 o condotte vessatorie. A tale elenco si aggiungono, altresì, gli eventi accaduti prima dell’instaurazione del contratto: secondo una recente sentenza della Cassazione (n. 4227/2025), infatti, anche tali condotte possono determinare il licenziamento, qualora vengano scoperti successivamente e siano ritenuti incompatibili con il ruolo ricoperto dal lavoratore.

Il caso del postino e i pacchi nascosti: i fatti che hanno portato al licenziamento
Un episodio particolarmente significativo ha riguardato un portalettere assunto nel 2006 da un’azienda di servizi postali. Anni dopo, durante una perquisizione domiciliare, le forze dell’ordine hanno scoperto, nella sua abitazione, un enorme quantitativo di buste e pacchi mai consegnati (oltre settemila), alcuni contenenti documentazione estremamente sensibile, come atti giudiziari. Il lavoratore aveva già collaborato, in precedenza, con la stessa azienda. In seguito, era stato riassunto dopo una conciliazione novativa. Tuttavia, proprio durante questa seconda esperienza lavorativa, sono venute alla luce le richiamate gravi omissioni legate al primo impiego.

L'intervento disciplinare e la contestazione: l'azienda reagisce
L’azienda, appresa la notizia della violazione, ha immediatamente avviato un procedimento disciplinare culminato con il licenziamento per giusta causa. La decisione si fondava non solo sull’evidente inadempienza, ma anche sul danno d’immagine arrecato all’azienda e sul disservizio patito dagli utenti del servizio postale. Il comportamento del dipendente, pur riferendosi a un periodo passato, è stato giudicato talmente grave da compromettere irrimediabilmente il rapporto fiduciario, giustificando la cessazione immediata del contratto, in applicazione del CCNL di categoria.

Le contestazioni del lavoratore e i primi esiti in giudizio
Il postino ha impugnato il licenziamento, sostenendo che i fatti contestati si riferivano a un rapporto di lavoro concluso anni prima e che, al momento della riassunzione, nulla era emerso. Inoltre, ha invocato uno stato di grave stress psicologico vissuto nel periodo delle violazioni. In primo grado, il Tribunale del lavoro ha accolto il ricorso del lavoratore, ordinandone il reintegro. La società, tuttavia, ha presentato appello e ottenuto un ribaltamento del verdetto a proprio favore.

La Cassazione chiude il caso: prevale il principio della gravità del comportamento
Il giudizio finale è stato affidato alla Suprema Corte, che ha rigettato il ricorso del dipendente. I giudici hanno precisato che, ai sensi dell’art. 2119 del c.c., il licenziamento per giusta causa può sussistere anche in presenza di comportamenti anteriori alla firma del contratto, purché scoperti successivamente e valutabili come lesivi della fiducia necessaria per l’adempimento delle mansioni. La Corte ha inoltre ribadito che non conta la data in cui i fatti sono avvenuti, bensì l’impatto che questi hanno sull’idoneità del lavoratore a svolgere il proprio incarico in maniera affidabile, nonché la gravità e la dolosità della condotta del dipendente, che hanno fatto venire meno il rapporto fiduciario con il datore di lavoro.

Lo stress non giustifica gravi inadempienze: l'importanza della prevenzione
Sono state, altresì, ritenute irrilevanti le giustificazioni legate a un presunto disagio psicologico. Secondo gli Ermellini, eventuali difficoltà personali avrebbero dovuto essere comunicate per tempo e gestite tramite gli strumenti previsti dalla normativa, come i congedi per malattia o i permessi speciali. In assenza di queste richieste, il comportamento scorretto resta ingiustificabile e punibile anche con il licenziamento immediato.

Le implicazioni giuridiche e operative della decisione della Cassazione
Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ha stabilito un principio giurisprudenziale di portata generale: il licenziamento per giusta causa può essere legittimamente giustificato anche da condotte avvenute prima della sottoscrizione del contratto, a condizione che la loro scoperta sopraggiunga in un momento successivo e renda evidente l’inadeguatezza del dipendente a svolgere il proprio ruolo. La centralità del vincolo fiduciario viene, dunque, confermata come elemento fondante del rapporto di lavoro, il cui venir meno giustifica il recesso unilaterale da parte dell’azienda.


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