Pubblicato il: 08/05/2025
Questo perché il sistema giuridico italiano, allineandosi alla Convenzione ONU – ratificata in Italia con la legge 3 marzo 2009, n. 18 – riconosce il diritto di chi soffre una condizione grave di disabilità ai sensi dell'art. 3 della legge 104 a non essere penalizzato da lunghe attese.
La disciplina della tutela delle persone con disabilità ha subito, infatti, una profonda evoluzione nel tempo: sia il quadro normativo sia le interpretazioni giurisprudenziali lasciano ritenere che un eventuale rifiuto, opposto alla richiesta di non essere penalizzato da lunghe attese, sia da qualificarsi ormai come illegittimo.
Si pensi alla recente entrata in vigore del D. Lgs. n. 62 del 2024 che, in attuazione della Legge delega in materia di disabilità – la L. n. 227 del 2012 – ha introdotto nell'ordito della citata legge 104:
- la nuova definizione della condizione di disabilità, intesa quale risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali ed ambientali, che impediscono la loro piena ed effettiva partecipazione alla società su base di uguaglianza con gli altri;
- la nozione di «accomodamento ragionevole», per indicare le modifiche e gli adattamenti necessari e appropriati che non impongano, tuttavia, un onere sproporzionato o eccessivo.
Il nucleo fondante di questo neointrodotto modello sociale della disabilità risiede nel definire la disabilità non come una caratteristica "medica" , intrinseca della persona, legata alle rispettive limitazioni funzionali ma, piuttosto, come un problema causato dagli ambienti disabilitanti, da barriere e da culture che rendono disabili. In altri termini: la disabilità non esiste di per sé, ma esiste in quanto la società non è in grado di accogliere la persona che la vive.
Chiedere la precedenza è, dunque, legittimo quando l’attesa diventa una barriera: chi eroga il servizio ha il dovere di trovare una soluzione concreta e proporzionata.
E se ti rifiutano la richiesta di "saltare la coda"?
Devi sapere che è stata istituita la figura del Garante nazionale dei diritti delle persone con disabilità.
Diverse sono le funzioni che la legge gli attribuisce, ma quella che più rileva è l'esercizio di stringenti poteri di verifica al fine di contrastare i fenomeni di discriminazione diretta, indiretta o di molestie, in ragione della condizione di disabilità e del rifiuto dell'accomodamento ragionevole.
Il Garante può infatti svolgere verifiche, d'ufficio o a seguito di segnalazione, sull'esistenza di fenomeni discriminatori. Egli valuta le segnalazioni ricevute e, nel caso in cui un'amministrazione pubblica adotti un provvedimento o un atto amministrativo generale in relazione al quale la parte lamenti una violazione dei diritti della persona con disabilità, una discriminazione o lesione di interessi legittimi, emette un parere motivato nel quale indica gli specifici profili delle violazioni riscontrate e, ove possibile, propone il ricorso all'autotutela amministrativa entro novanta giorni.
Si consente, inoltre, al Garante di ricorrere al giudice amministrativo in caso di mancata o non corretta adesione, da parte delle pubbliche amministrazioni, alle proposte prospettate nell'ambito del proprio parere, rispetto a provvedimenti o atti amministrativi che determinano discriminazioni o violazioni di diritti e interessi delle persone con disabilità.
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