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Agenzia delle Entrate, ecco cosa non devi fare mai quando usi il contante: come evitare sospetti e controlli fiscali

Pubblicato il: 12/05/2025

Il possesso di contanti non esclude, di per sé, il rischio di attirare l’attenzione dell’Agenzia delle Entrate. In alcuni casi, un uso improprio del contante può aumentare le probabilità di essere sottoposti ad un accertamento fiscale.
Vediamo, dunque, come evitare di incorrere in presunzioni fiscali sfavorevoli ad opera del Fisco quando ci si trova in possesso di somme in contanti derivanti da fonti lecite, come donazioni, risparmi accumulati nel tempo o somme custodite in casa.

Esempio pratico: i risparmi domestici
Si pensi al caso di una persona che mette da parte denaro mensilmente per diversi anni. In cinque anni si potrebbe accumulare una bella somma in contanti. Tuttavia, l’impiego di tale denaro può risultare problematico in quanto, specie negli ultimi anni, il contante è stato associato a fenomeni di evasione fiscale, generando sospetti anche quando l’origine del denaro è legittima.

Le difficoltà legate all’uso del contante
La normativa attuale limita fortemente l’uso del denaro contante. Innanzitutto, per poter usufruire della maggior parte delle detrazioni fiscali previste nella dichiarazione dei redditi (modello 730), è necessario effettuare i pagamenti con strumenti tracciabili. Inoltre, vigono specifici limiti all’utilizzo del contante previsti dalla normativa antiriciclaggio.
Di conseguenza, i contribuenti in possesso di somme rilevanti in contanti, pur derivanti da fonti lecite, ma non dichiarate, hanno spesso dubbi su come impiegarle per non generare sospetti da parte del Fisco.
In questi casi, è sconsigliabile utilizzare il denaro per acquisti tracciabili (ad esempio un’auto), poiché l’Agenzia delle Entrate potrebbe chiedere conto della provenienza delle somme, specie se non risultano movimentazioni bancarie coerenti con tali spese.

Versamenti sul conto corrente: attenzione alla presunzione legale
Secondo la normativa vigente, l’Agenzia delle Entrate può presumere che ogni somma versata su un conto corrente rappresenti un reddito non dichiarato e, quindi, soggetto a tassazione. Trattasi di presunzione legale: è il contribuente a dover fornire prova contraria. Non è sufficiente una semplice dichiarazione; occorre una prova documentale con data certa.
Ad esempio, se un genitore regala al figlio 15.000 euro in contanti e quest’ultimo decide di versarli sul proprio conto, il Fisco potrebbe considerarli reddito imponibile. Una scrittura privata tra le parti non sarebbe sufficiente a dimostrare l’origine lecita della somma, a meno che non sia registrata o redatta con data certa. In casi simili, un bonifico bancario sarebbe molto più sicuro, proprio per la sua tracciabilità.

Cosa evitare quando si detiene contante
Chi non è in grado di dimostrare documentalmente la provenienza delle somme in contanti dovrebbe evitare:

  • di versarle su conti correnti bancari o postali;
  • di utilizzarle per acquisti che richiedono l’indicazione del codice fiscale (come veicoli, immobili o anche alcune ricariche telefoniche);
  • di sostenere spese incoerenti con il proprio reddito dichiarato, per non generare incongruenze nei controlli fiscali. L’AdE, infatti, monitora le spese eccedenti, di almeno il 20%, il reddito dichiarato dal contribuente.
È opportuno, dunque, evitare qualsiasi comportamento che possa far apparire un tenore di vita superiore rispetto a quanto dichiarato al Fisco, in quanto ciò potrebbe determinare accertamenti patrimoniali e reddituali da parte dell’Amministrazione finanziaria.

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