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Pensioni, attento ai debiti con l’INPS, possono pignorarti la pensione più del limite previsto da un giudice: ecco come

Pubblicato il: 09/08/2025

Quando si parla di cittadini fragili, come gli anziani in pensione, l’idea generale è che lo Stato garantisca almeno il minimo indispensabile per vivere con dignità. In Italia, invece, succede qualcosa di difficile da credere: proprio l’ente previdenziale, l’INPS, può trattenere dalla pensione somme di gran lunga maggiori rispetto a quelle che un giudice riconoscerebbe.
Quando un soggetto vanti un credito nei confronti di un pensionato, può rivolgersi al giudice per ottenere un titolo esecutivo. Fatto questo, il creditore notifica al pensionato-debitore l'atto di precetto, che contiene l'intimazione ad adempiere nel termine di 10 giorni.

In caso di inerzia del debitore, il creditore notifica l'atto di pignoramento presso terzi anche all'INPS, che provvederà a "congelare" la somma pignorabile sulla pensione. In questo caso si applica l’art. 545 del c.p.c., che tutela il cosiddetto “minimo vitale”: una soglia oggi fissata a 1.000 euro mensili. Solo ciò che eccede questa cifra può essere pignorato e, comunque, solo nella misura di un quinto.

La trattenuta diretta

Tuttavia, se il creditore è proprio l'INPS, il legislatore riconosce all'Istituto previdenziale un’alternativa molto più conveniente: la trattenuta diretta, autorizzata dall’art. 69 della L. n. 153/1969. In questo caso l’Istituto, quando vanta un credito nei confronti di un pensionato (ad esempio per un’indebita percezione o per contributi non versati), può trattenere direttamente dalla pensione una quota mensile fino a un quinto dell’intero importo. L’unico limite è che non si può andare sotto il trattamento minimo INPS, che nel 2025 è pari a circa 598 euro.

Per capire quanto può incidere la trattenuta diretta, vediamo un caso pratico. Poniamo che la pensione netta mensile sia di 1.450 euro.
Se si procede con pignoramento presso terzi:
  • minimo vitale tutelato: 1.000 euro;
  • importo pignorabile: 450 euro;
  • quota trattenibile (1/5): 90 euro;
  • pensione residua: 1.360 euro.

Se, invece, l’INPS agisce con trattenuta diretta:
  • base di calcolo: sempre 1.450 euro;
  • quota trattenuta (1/5): 290 euro;
  • pensione residua: 1.160 euro.
La differenza mensile, per il pensionato, è pari a ben 200 euro in meno.

Più volte la giurisprudenza ha confermato la piena legittimità della trattenuta diretta da parte dell’INPS, che costituisce un canale privilegiato per il recupero dei propri crediti, ritenendolo coerente con la natura pubblica del soggetto creditore.
Tuttavia, questa scelta normativa solleva non pochi interrogativi sul piano costituzionale (art. 3 Cost.). Perché mai un pensionato dovrebbe essere meno protetto se il creditore è l’INPS e non una banca o una finanziaria?

Una riforma necessaria, per dignità e giustizia
La discrezionalità che la legge riconosce oggi all’INPS ha un effetto collaterale grave: penalizza proprio quei cittadini che, in teoria, dovrebbero essere più tutelati. Il sistema di recupero dei crediti dovrebbe garantire uniformità e rispetto della dignità personale, non differenze basate su chi sia il creditore.


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