Pubblicato il: 10/08/2025
Per la fine del 2025 è prevista la scadenza di tre strumenti previdenziali ormai noti: Quota 103, Opzione Donna e Ape Sociale. L’orientamento prevalente a Palazzo Chigi sembra essere quello di una proroga annuale, accompagnata da possibili ritocchi ai requisiti e alle modalità di calcolo. Per l’Ape Sociale, ad esempio, sono già stati previsti nuovi stanziamenti nella legge di conversione del D.L. Economia, sebbene il cambiamento dei requisiti di accesso – introdotto nel 2024 – abbia ridotto sensibilmente la platea dei beneficiari, come confermato dai dati INPS.
Quota 103 verso l’addio
Quota 103 – attualmente accessibile a chi ha almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi – ha registrato nel 2024 appena 1.153 domande, un numero ben al di sotto delle aspettative. Il Sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon ha parlato apertamente di una possibile revisione, sottolineando la necessità di strumenti “più efficaci” per garantire la flessibilità in uscita. L’ipotesi più accreditata è che non venga rinnovata oltre il 2025, lasciando spazio a formule alternative.
Tra queste, una Quota 41 flessibile, che consentirebbe il pensionamento a chi raggiunge 41 anni di contributi e 62 di età entro la fine del 2025, con un ricalcolo non interamente contributivo, ma con penalizzazioni sull’importo.
L’uscita a 64 anni
Un altro fronte caldo è quello della pensione a 64 anni. Attualmente, questa possibilità è riservata ai “contributivi puri” – cioè chi ha iniziato a versare dopo il 1° gennaio 1996 – e richiede almeno 20 anni di versamenti effettivi e un assegno pari ad almeno tre volte l’assegno sociale, soglia che nel 2025 equivarrà a 1.616 euro lordi al mese.
Sono previste soglie ridotte per le lavoratrici: 2,8 volte l’assegno sociale con un figlio e 2,6 volte con due o più figli. Inoltre, fino ai 67 anni l’importo non può superare cinque volte il trattamento minimo INPS (3.017 euro lordi nel 2025).
Il Governo valuta ora di estendere questa opzione anche a chi rientra nel sistema misto, permettendo di colmare eventuali carenze nell’importo minimo tramite la previdenza complementare o, secondo un’idea allo studio, utilizzando una quota del TFR per integrare l’assegno.
L’aumento dell’età pensionabile
Oltre alle misure ordinarie, incombe la questione dell’adeguamento automatico dell’età pensionabile alla speranza di vita. Dal 1° gennaio 2027 scatterà un aumento di tre mesi, certificato dall’Istat e da recepire con decreto interministeriale entro il 2025.
Il Governo ha più volte dichiarato di voler intervenire per sospendere questo incremento, operazione che – secondo la Ragioneria dello Stato – costerebbe 300-400 milioni di euro, ma che l’INPS stima addirittura in 3 miliardi.
Pensioni e inflazione: il tema dell’adeguamento annuale
Sul tavolo c’è anche la possibilità di limitare o sospendere temporaneamente l’indicizzazione automatica degli assegni al costo della vita. Un’ipotesi che preoccupa sindacati e pensionati, soprattutto per gli assegni medio-bassi già messi sotto pressione dall’aumento dei prezzi.
Prossime tappe
La direzione dell’esecutivo sarà più chiara a settembre, quando verrà pubblicata la Nota di aggiornamento al Documento di Economia e Finanza. Da tale documento dipenderà la possibilità di finanziare misure di maggiore flessibilità o, al contrario, la necessità di ulteriori restrizioni.
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