Pubblicato il: 27/08/2025
La vicenda che ha portato alla pronuncia nasce da una verifica fiscale della Guardia di Finanza in uno studio legale. Durante il controllo, i militari hanno individuato un block-notes contenente nomi di clienti, compensi e informazioni delicate, ritenendo che fosse utile ai fini dell’accertamento fiscale. L’avvocato ha opposto il segreto professionale, sostenendo che quei documenti non potevano essere sequestrati. I finanzieri hanno quindi esibito un’autorizzazione preventiva della Procura, che permetteva di acquisire documenti anche in deroga al segreto. Tale autorizzazione era però generica e rilasciata prima della verifica, quindi non poteva riferirsi a quella specifica eccezione sollevata dal professionista. La vicenda, iniziata con un normale controllo, ha così aperto un contenzioso che ha attraversato tre gradi di giudizio.
Il principio chiaro stabilito dalla Cassazione
Con l’ordinanza 17228 del 26 giugno 2025, la Cassazione ha tracciato una linea netta: non è più sufficiente un’autorizzazione generica per violare il segreto professionale. Quando un professionista solleva l’eccezione del segreto, la Guardia di Finanza deve fermarsi immediatamente e richiedere un provvedimento ad hoc del magistrato, successivo all’opposizione e relativo a quei documenti specifici.
Questo decreto deve indicare chiaramente quali atti possono essere esaminati e acquisiti. La ratio della decisione è duplice: da un lato, garantire il diritto alla riservatezza del professionista e del cliente; dall’altro, permettere al Fisco di esercitare i suoi poteri, ma in maniera giuridicamente corretta e circoscritta. In altre parole, la legge chiede un equilibrio: la tutela della privacy non può essere calpestata da controlli generici, ma i controlli fiscali restano possibili se autorizzati correttamente.
Conseguenze concrete e cambiamento operativo
Le conseguenze pratiche della sentenza sono immediate e concrete. L’articolo 7 quinquies dello Statuto del contribuente (Legge 212/2000) stabilisce chiaramente che le prove ottenute in violazione della legge sono inutilizzabili ai fini dell’accertamento fiscale. Ciò significa che qualsiasi documento acquisito senza un’autorizzazione specifica e successiva rende nullo l’atto impositivo basato su di esso. Non si tratta di un principio teorico: anche la Guardia di Finanza, nelle sue circolari interne, ha sempre indicato la necessità di richiedere un provvedimento ad hoc. La vicenda che ha portato alla pronuncia della Cassazione dimostra come, a volte, le direttive interne vengano ignorate, causando lunghe battaglie legali e danni al contribuente.
Questa sentenza rappresenta un passo avanti storico. Non solo rafforza i diritti dei professionisti, ma invia un messaggio chiaro: il segreto professionale è una barriera solida che lo Stato deve rispettare. Gli studi professionali non saranno più soggetti a blitz indiscriminati, e i professionisti possono contare su un meccanismo di tutela che garantisce sia la riservatezza dei clienti sia la correttezza delle attività fiscali. È una decisione che cambierà profondamente il modo in cui si svolgono i controlli fiscali, rendendoli più rispettosi dei diritti fondamentali e più trasparenti.
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