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Legge 104, puoi usare i permessi di notte (fuori orario lavorativo) e il giorno andare al mare: nuova sentenza Cassazione

Pubblicato il: 05/09/2025

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23185 del 12 agosto 2025, ha stabilito che grava sul datore di lavoro l’onere di provare l’uso improprio dei permessi ex Legge 104/1992 e che l’assistenza al familiare invalido non deve necessariamente coincidere con l’orario di lavoro.
La pronuncia della Suprema Corte ha riguardato il caso di un lavoratore, licenziato perché accusato di aver fruito in maniera impropria dei permessi previsti dall’art. 33 della legge 104, per l’assistenza serale e notturna a un familiare invalido, ovvero la madre.

In particolare, la società datrice di lavoro contestava al lavoratore di non aver prestato effettiva assistenza durante i giorni di permesso, poiché – secondo quanto emerso da un’attività di pedinamento – era stato visto al mare con il figlio in due giornate di agosto, tra le ore 8:00 e le 13:00.

Il Tribunale di Trani, in primo grado, aveva qualificato come legittimo il licenziamento. Tuttavia, a seguito di impugnazione, la Corte d’Appello di Bari aveva annullato il licenziamento, disponendo la reintegra del dipendente e riconoscendo un’indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione globale di fatto, sino a un massimo di dodici mensilità.
La Corte territoriale aveva, infatti, rilevato significative carenze probatorie nell’attività di sorveglianza svolta dal datore di lavoro, sottolineando che non era stato dimostrato che il dipendente non avesse fornito assistenza alla madre invalida nelle ore serali e notturne.

Avverso la decisione della Corte d’Appello, la società datrice di lavoro ha proposto ricorso per Cassazione.
Con l’ordinanza n. 23185/2025, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società, confermando integralmente la sentenza della Corte d’Appello di Bari.
La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: l’onere della prova circa l’uso improprio dei permessi ex L. 104/1992 grava sul datore di lavoro. Solo quest’ultimo, infatti, è tenuto a dimostrare l’abuso o la condotta fraudolenta del dipendente, dal momento che il licenziamento per giusta causa costituisce una extrema ratio.

I giudici hanno altresì precisato che la legge non impone che l’assistenza debba necessariamente coincidere con l’orario di lavoro. Ciò che rileva è che l’assistenza sia effettiva e conforme alle esigenze sanitarie del familiare invalido. Nel caso di specie, era stata dimostrata la necessità di cure ed assistenza soprattutto in orario serale e notturno, il che è stato ritenuto sufficiente per escludere l’illegittimità della fruizione dei permessi. Pertanto, il ricorso è stato respinto, con conseguente condanna della società al pagamento delle spese di lite.


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