Pubblicato il: 15/09/2025
La giurisprudenza ha così enucleato un meccanismo di corresponsabilità il quale indica che, in tali circostanze, è possibile diminuire il risarcimento al trasportato vittima di un incidente automobilistico. Nel caso concreto, il passeggero aveva passato l'intera serata insieme al guidatore-proprietario del mezzo e, come accertato in aula giudiziaria, quest'ultimo – in quel momento – presentava un tasso alcolemico di 1,89 g/l, contro un massimo consentito di 0,5. Il trasportato, conscio della non piena lucidità dell'amico e di mettersi in una situazione pericolosa salendo in macchina, si era esposto volontariamente a quello che i giudici definiscono rischio anomalo, recante conseguenze sul piano risarcitorio. Se è vero che il trasportato non dà il proprio consenso a lesionarsi, in quanto i diritti alla vita e alla salute sono indisponibili, è però altrettanto vero – spiega la magistratura – che il suo comportamento determina una concausa colposa dell'incidente letale.
Nel caso concreto giunto all'attenzione della Corte, i familiari della vittima avevano chiesto i danni all'assicurazione dell'automobilista e avevano fatto ricorso contro la decisione dell'appello, che aveva decurtato del 30% il risarcimento per la perdita del rapporto parentale. Come ricostruito in tribunale, il guidatore ubriaco aveva perso il controllo della propria macchina in prossimità di una curva, andandosi a schiantare contro un muro di recinzione.
I giudici di legittimità hanno tuttavia confermato il risarcimento ridotto, proprio per l'accertato comportamento imprudente dello stesso passeggero, che aveva scelto di farsi trasportare nonostante la palese ubriachezza dell'amico. Il principio giurisprudenziale stabilito nella sentenza 21896/2025 è quello della riduzione proporzionale del risarcimento, da parte del magistrato, in base al rilievo del concorso colposo del passeggero-danneggiato e, quindi, della sua responsabilità parziale. In breve, se la vittima – con il suo comportamento – ha in qualche misura contribuito al danno patito, vedrà applicata nei suoi confronti la regola di cui all'art. 1227 del c.c..
Infatti, si legge in sentenza che "l'esposizione volontaria ad un rischio, o, comunque, la consapevolezza di porsi in una situazione da cui consegua la probabilità che si produca a proprio danno un evento pregiudizievole, è idonea ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre, proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante, in quanto viene a costituire un antecedente causale necessario del verificarsi dell'evento, ai sensi dell'art. 1227, primo comma, cod. civ., e, a livello costituzionale, risponde al principio di solidarietà sociale di cui all'art. 2 Cost. avuto riguardo alle esigenze di allocazione dei rischi (riferibili, nella specie, all'ambito della circolazione stradale) secondo una finalità comune di prevenzione, nonché al correlato obbligo di ciascuno di essere responsabile delle conseguenze dei propri atti".
Peraltro, l'eccezione del concorso di colpa del danneggiato è frequentemente sollevata dalle compagnie assicurative, le quali – per questa via – mirano a diminuire o anche escludere il risarcimento danni. È il caso, ad esempio, del passeggero della vettura che, al momento dell'incidente, non indossava le cinture di sicurezza o quello di chi, come passeggero, accetta di viaggiare su un ciclomotore omologato per una sola persona.
Concludendo, la sentenza 21896/2025 della Cassazione – collocandosi sul solco tracciato da una solida giurisprudenza della stessa Corte in tema di cooperazione colposa nella condotta causativa dell'evento dannoso (tra le altre, Cass. n. 11095/2020 e Cass. n. 23804/2024) – costituisce un importante richiamo alla responsabilità individuale. Nel momento in cui il terzo trasportato ha scelto di salire a bordo pur conscio dello stato di ubriachezza dell'amico guidatore, ha imprudentemente accettato le possibili conseguenze dannose derivanti da un comportamento vietato dal Codice della Strada.
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