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Congedo parentale, rischi il licenziamento se lo usi e non stai con i tuoi figli, anche per un giorno: nuova sentenza

Pubblicato il: 16/09/2025

La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 24922 del 9 settembre 2025, ha posto fine a ogni dubbio sulla natura e sulla finalità del congedo parentale. I giudici hanno ribadito con fermezza che questo istituto, disciplinato dall'art. 32 D.lgs. n. 151/2001, non rappresenta affatto un "periodo libero" a disposizione del lavoratore da gestire secondo i propri comodi. Al contrario, si tratta di uno strumento specificamente pensato per soddisfare i bisogni di cura e affettivi del figlio fino agli otto anni di età.
La Cassazione ha chiarito che qualsiasi attività lavorativa svolta durante il congedo parentale costituisce un "abuso del diritto", poiché snatura completamente la funzione essenziale di questa misura di tutela. Il caso che ha portato a questa importante pronuncia riguarda un padre che, anziché dedicarsi al proprio bambino di tre anni, aveva scelto di impiegare i giorni di congedo per aiutare la moglie nella gestione del loro stabilimento balneare, lasciando il piccolo alle cure dei nonni o di una baby-sitter.
Detective privati e prove schiaccianti: quando il controllo del datore diventa legittimo
Il caso giudiziario ha preso una svolta decisiva quando il datore di lavoro ha deciso di verificare come il dipendente stesse effettivamente utilizzando i giorni di congedo parentale. Per fare ciò, l'azienda si è avvalsa di investigatori privati che hanno documentato in modo inequivocabile come, in diverse giornate, l'uomo non fosse affatto impegnato nella cura del figlio, ma risultasse invece occupato a dare supporto nell'impresa familiare della consorte.
La Corte di Cassazione ha ritenuto pienamente legittimo questo tipo di controllo, confermando che il datore di lavoro può accertare le modalità di utilizzo dei permessi attraverso tutti i mezzi probatori consentiti dall'ordinamento giuridico. Tra questi strumenti rientra appunto l'uso di detective specializzati, incaricati di monitorare i movimenti del dipendente durante i periodi di assenza dal lavoro, sia che si tratti di permessi previsti dalla Legge 104 sia che riguardino congedi parentali. La giurisprudenza consolidata ammette da anni la possibilità di procedere al licenziamento sulla base delle prove raccolte da investigatori privati, purché queste siano ottenute nel rispetto delle norme vigenti.
"Solo cinque giorni su quarantasei": quando la scusa non basta a salvare il posto
Di fronte alle accuse, l'uomo ha tentato una difesa basata sulla quantificazione del suo comportamento scorretto, sostenendo che, su un totale di quarantasei giornate di congedo parentale, soltanto in cinque occasioni era stato sorpreso lontano dal figlio per occuparsi dell'azienda della moglie. Tuttavia, la Cassazione ha demolito questa argomentazione con una motivazione tanto chiara quanto implacabile: anche un utilizzo parziale del congedo per finalità estranee alla cura del minore integra, comunque, un abuso del diritto.
I giudici hanno specificato che il problema non risiede nella quantità dei giorni utilizzati impropriamente, ma nel fatto stesso di aver destinato le giornate di assenza dal lavoro a finalità completamente diverse dall'assistenza diretta al figlio. Questo comportamento viene considerato gravemente illecito non solo per la violazione della natura stessa dell'istituto del congedo parentale, ma anche perché rappresenta una violazione dei doveri di correttezza e buona fede nei confronti sia del datore di lavoro sia dell'ente previdenziale (INPS), che eroga l'indennità sostitutiva della retribuzione durante il periodo di congedo.
Un precedente che fa scuola: la giurisprudenza conferma la linea dura
La pronuncia della Cassazione del 2025 non rappresenta un caso isolato, ma si inserisce perfettamente in un filone giurisprudenziale consolidato, che dimostra l'approccio rigoroso dei tribunali italiani su questa materia. Già nel 2018, con la sentenza n. 16207, la Suprema Corte aveva stabilito che l'uso del congedo parentale per lavorare altrove costituisce un abuso del diritto tale da giustificare il licenziamento del dipendente. Quel precedente riguardava un padre che aveva utilizzato i giorni di congedo per aiutare la moglie nella gestione di una pizzeria, in una dinamica molto simile al caso più recente.
Questa linea di continuità giurisprudenziale è stata confermata anche da altre decisioni successive, come la sentenza n. 2618/2025, che hanno ribadito il principio secondo cui il congedo parentale deve essere esercitato in coerenza con la sua ratio fondamentale: garantire la presenza effettiva del genitore accanto al figlio nei primi anni di vita.
La Cassazione ha chiarito definitivamente che l'aiuto esterno di altre persone, siano esse familiari come i nonni o estranee come le baby-sitter, non può mai sostituire il valore affettivo e relazionale che giustifica tanto il sacrificio organizzativo imposto al datore di lavoro quanto l'indennità economica erogata dall'INPS durante il periodo di congedo.


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