Pubblicato il: 17/09/2025
L’Agenzia delle Entrate-Riscossione sta applicando – ormai con crescente frequenza – la procedura del pignoramento presso terzi secondo l’art. 72 bis del D.P.R. 602/1973. Una strategia che colpisce direttamente i compensi professionali attraverso i clienti, senza passare dal tribunale.
In particolare, il concessionario, anziché procedere all’espropriazione forzata presso terzi citando debitore e terzo innanzi al Tribunale competente, può azionare il c.d. pignoramento diretto, ordinando al terzo di corrispondergli le somme dovute al debitore (ad eccezione dei crediti pensionistici), entro il termine di sessanta giorni se si tratta di somme per le quali il debitore ha già maturato il diritto alla percezione, oppure alle rispettive scadenze.
La prassi operativa mostra un approccio sistematico con i seguenti step:
- gli uffici consultano le informazioni contenute nel sistema telematico dell’Agenzia delle Entrate, verificando l’emissione regolare di fatture verso determinati soggetti;
- una volta individuato il rapporto commerciale costante, l’atto di pignoramento viene notificato direttamente al cliente;
- non serve alcun passaggio in tribunale: tutto avviene in automatico, con effetto immediato. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione agisce direttamente, senza necessità di autorizzazione giudiziaria preventiva.
Nella specie, l’art. 72-bis citato stabilisce che l’atto di pignoramento può contenere l’ordine al terzo di pagare direttamente al concessionario, fino a concorrenza del credito per cui si procede. Il meccanismo funziona sia per somme già maturate che per quelle future.
Si consideri che la normativa prevede termini stringenti: sessanta giorni dalla notifica per le somme già maturate, alle rispettive scadenze per quelle successive. Il cliente si trova, così, vincolato a versare direttamente all’erario quanto dovuto al professionista. L’atto viene notificato al terzo e in copia al debitore, indicando l’importo dovuto e intimando di non disporre delle somme fino a concorrenza del debito. Nel caso di inottemperanza all’ordine di pagamento, il concessionario procederà al recupero giudiziale delle somme dovute secondo le nor me del codice di procedura civile, previa citazione del terzo intimato e del debitore, così come dispone l’articolo 72, comma 2 D.P.R. 602/1973.
Si ricorda che il pignoramento può essere bloccato. Ai contribuenti che vogliono mettersi in regola con il versamento delle somme richieste da Agenzia delle entrate-Riscossione (AdeR) in avvisi e cartelle di pagamento, ma non riescono a pagare in un’unica soluzione, è data la possibilità di dilazionare il pagamento delle somme da versare in più rate, di importo non inferiore a 50 euro.
Già il pagamento della prima rata del piano di ammortamento determina una serie di effetti sul debito compreso nelle cartelle oggetto della rateizzazione e sulle eventuali procedure collegate:
- sono, infatti, da considerarsi estinte le procedure esecutive (pignoramenti) in corso, a condizione che non si sia ancora tenuto l’incanto con esito positivo e non sia stato già emesso provvedimento di assegnazione dei crediti pignorati;
- AdeR sospende l’eventuale fermo amministrativo disposto in precedenza sul bene mobile registrato (si pensi all’automobile), a condizione che tutti i debiti oggetto del fermo siano stati ricompresi nell’istanza di dilazione;
- il contribuente, a seguito del pagamento delle rate e, conseguentemente, dell’abbattimento dell’importo del debito, può chiedere, con spese a proprio carico, e al ricorrere di determinate condizioni, la riduzione (diminuzione della somma garantita da ipoteca) o restrizione (liberazione parziale di uno o più degli immobili ipotecati) dell’eventuale ipoteca iscritta ai sensi dell’ex art. 77 D.P.R. n. 602/1973 in data antecedente alla presentazione dell’istanza.
Il contribuente decade dai benefici della rateizzazione per inadempienza quando non esegue il pagamento di alcune rate, anche non consecutive.
I presupposti richiesti da AdeR per potere accedere al beneficio della rateizzazione prevedono che il contribuente, a seconda dei casi, dichiari o anche comprovi in sede di presentazione della richiesta:
• la temporanea situazione di obiettiva difficoltà economica, che gli impedisce di far fronte in un’unica soluzione al pagamento del debito; tale condizione consente l’accesso alla rateizzazione fino a un numero massimo di 72 rate (6 anni);
• la comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica, indipendentemente dalla propria responsabilità nel caso in cui, pur sussistendo i requisiti di “temporaneità”, il contribuente può sostenere l’onere finanziario del pagamento rateizzato solo se le rate sono superiori a 72; la sussistenza di tale condizione consente l’accesso alla rateizzazione fino a un numero massimo di 120 rate (10 anni);
• il comprovato peggioramento del suo stato di temporanea difficoltà economica, nel caso in cui, per sopraggiunti eventi, risultino peggiorate le sue condizioni patrimoniali e reddituali in misura tale da rendere possibile la rimodulazione del piano di rateizzazione precedentemente concesso.
La sussistenza della condizione di “temporaneità” rappresenta, dunque, l’elemento essenziale su cui si basa l’istituto della rateizzazione.
Ma cosa deve intendersi per “temporaneità”?
L’Agenzia, sul punto, chiarisce che è indispensabile e determinante che il contribuente attesti e, in alcuni casi, dimostri la capacità di poter pagare, seppur a rate, i propri debiti. Tale condizione non si configura, al contrario, nei casi in cui la difficoltà economica è “definitiva”, come per esempio nel caso di soggetti che hanno cessato la loro attività o che sono interessati da dichiarazioni di fallimento o da liquidazione giudiziale, per cui di fatto non possono pagare neanche in forma rateale. È, inoltre, precluso l’istituto della rateizzazione ai soggetti, interessati da particolari procedure concorsuali, i quali, seppur non manifestano una situazione di insolvenza irreversibile, richiedono il rispetto del principio dell’eguale diritto dei creditori di essere soddisfatti sui beni del debitore.
Si ricorda, infine, che la legge tutela il minimo vitale del debitore, stabilendo che lo stipendio può essere pignorato fino a 1/5 dell’importo netto mensile. Nel caso di crediti alimentari, il pignoramento può arrivare fino al 30% dello stipendio.
Per i crediti dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, si applicano, invero, limiti specifici che mirano a bilanciare il diritto del creditore al recupero del credito con il diritto del debitore a mantenere condizioni di vita dignitose:
- 1/10 dello stipendio per importi fino a euro 2.500;
- 1/7 dello stipendio per importi fino a euro 5.000;
- 1/5 dello stipendio per importi superiori a euro 5.000.
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