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Carburante, dal 2026 la benzina costerà meno e il diesel di più, cambiano le accise nella Manovra 2026: ecco di quanto

Pubblicato il: 27/10/2025

La legge di Bilancio 2026 introduce un cambiamento nel sistema di tassazione dei carburanti. A partire dal primo gennaio del prossimo anno, l'accisa su benzina e gasolio sarà identica e fissata a 672,90 euro ogni mille litri. Si tratta di un'accelerazione rispetto al percorso graduale previsto dal decreto legislativo numero 43 del 2025, che contemplava un avvicinamento lento tra le due aliquote di circa uno o uno e mezzo centesimi all'anno. Il Governo ha, invece, deciso di bruciare le tappe e uniformare tutto immediatamente, eliminando quello che il Ministero dell'Ambiente definisce un "sussidio ambientalmente dannoso" identificato con il codice EN.SI.24. In pratica, per anni il diesel ha pagato meno tasse della benzina, una differenza che ora viene completamente cancellata.
Per comprendere la portata del cambiamento bisogna partire dalle aliquote attualmente in vigore. Dopo l'ultimo ritocco del 14 maggio 2025, stabilito con decreto interministeriale pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 110, la benzina paga un'accisa di 713,40 euro per mille litri, mentre il gasolio ne paga 632,40. Con la Manovra 2026 questi valori convergono entrambi a 672,90 euro, il che significa una riduzione di 40,50 euro per mille litri sulla benzina e un aumento della stessa entità sul gasolio.
Tradotto in centesimi per litro, parliamo di meno 4,05 centesimi sulla verde e più 4,05 centesimi sul diesel. Ma l'effetto reale alla pompa è ancora più pronunciato, perché su questa variazione si applica anche l'IVA al 22 per cento. Il risultato finale è che la benzina costerà circa 4,94 centesimi in meno al litro, mentre il gasolio salirà di 4,94 centesimi al litro. Su un pieno standard da cinquanta litri, la differenza si traduce in circa 2,47 euro di risparmio per chi fa benzina e 2,47 euro in più per chi rifornisce diesel, naturalmente a parità di tutte le altre componenti di prezzo come le quotazioni internazionali del petrolio e i margini della distribuzione.
Chi resta protetto dall'aumento e chi no
Non tutti i settori che utilizzano gasolio subiranno l'aumento previsto dalla Manovra. La bozza del provvedimento prevede, infatti, eccezioni esplicite per alcuni impieghi specifici elencati nella Tabella A del Testo Unico delle Accise, il decreto legislativo 504 del 1995. In particolare, restano esclusi dall'aumento il punto numero 5 e il punto numero 9 di quella tabella. Il punto 5 riguarda tutti gli impieghi agricoli e affini: quindi il gasolio utilizzato per lavori agricoli, orticoli, attività di allevamento, silvicoltura, piscicoltura e florovivaismo continuerà a beneficiare delle agevolazioni specifiche senza subire il rincaro. Il punto 9, invece, protegge l'utilizzo del gasolio come forza motrice in motori fissi installati in stabilimenti industriali o agricolo-industriali e nelle macchine operatrici che non possono circolare su strada, come quelle impiegate nei cantieri o per le movimentazioni portuali.
Discorso a parte merita il cosiddetto gasolio commerciale per l'autotrasporto, disciplinato dal punto 4-bis della stessa Tabella A. Questo carburante mantiene un'aliquota agevolata di 403,22 euro per mille litri, ma il beneficio effettivo per le imprese di trasporto viene calcolato come differenza rispetto all'aliquota normale attraverso un sistema di rimborsi. Con l'aliquota ordinaria del gasolio che dal 2026 salirà a 672,90 euro per mille litri, il differenziale da rimborsare aumenterà automaticamente a 269,68 euro per mille litri, cioè circa 26,97 centesimi al litro. Si tratta di una crescita di 40,50 euro per mille litri rispetto al 2025, quando il differenziale era di 229,18 euro per mille litri.
La Manovra non modifica direttamente il regime del gasolio commerciale, quindi questo incremento del rimborso è semplicemente la conseguenza contabile dell'aumento dell'accisa ordinaria sul diesel. Le maggiori entrate che lo Stato incasserà da questa operazione nel 2026 non andranno a finanziare il trasporto pubblico locale, come era avvenuto con il precedente ritocco del maggio 2025, ma confluiranno nel Fondo per l'attuazione della delega fiscale istituito dall'articolo 62, comma 1 del decreto legislativo 209 del 2023, che ha una dotazione pluriennale.
Le reazioni: tra timori di speculazione e richieste di controlli
Le associazioni dei consumatori hanno reagito con toni piuttosto critici all'annuncio dell'allineamento delle accise. Il Codacons ha definito l'intervento una "stangata sul gasolio" e ha chiesto controlli rigorosi per garantire che il taglio dell'accisa sulla benzina si traduca effettivamente in riduzioni dei prezzi alla pompa, senza che vengano assorbiti dagli operatori della filiera. L'associazione ha calcolato che, considerando l'IVA al 22 per cento inclusa nell'aumento, un automobilista che fa due pieni di gasolio al mese si troverà a spendere 59,30 euro in più all'anno. Il Codacons ha, quindi, sollecitato il governo a prevedere sanzioni verso tutti gli attori della filiera che non applicassero le riduzioni previste sulla benzina, per evitare distorsioni del mercato a danno degli automobilisti.
Assoutenti ha, invece, puntato il dito sul peso complessivo della tassazione sui carburanti in Italia, sottolineando come i prezzi nel nostro Paese siano tra i più cari d'Europa proprio a causa del carico fiscale. Il presidente Furio Truzzi ha rilanciato i dati elaborati dall'associazione sulla base delle informazioni del Ministero dell'Ambiente, secondo cui la componente fiscale – tra IVA e accise – pesa per il 60 per cento sul prezzo finale della benzina e per il 56,9 per cento su quello del gasolio. In termini concreti, di ogni litro venduto oggi, 1,02 euro della benzina e 0,92 euro del diesel sono soldi che vanno direttamente allo Stato sotto forma di tasse.
L'Unione Nazionale Consumatori (UNC), per voce del suo presidente Massimiliano Dona, ha criticato l'allineamento a 672,90 euro per mille litri, definendolo un'operazione per "far cassa", sottolineando che lo stesso Ministero dell'Ambiente aveva scritto – nel precedente decreto di riordino – che l'equiparazione avrebbe dovuto avvenire su un livello inferiore di accisa. L'UNC ha chiesto vigilanza contro possibili speculazioni e ha richiamato il governo a un intervento più ambizioso di riduzione complessiva della pressione fiscale sui carburanti.
Il panorama degli automobilisti italiani coinvolti da questo cambiamento è molto ampio. Secondo i dati sul parco circolante, circa il 42 per cento delle vetture è alimentato a benzina e il 40,9 per cento a diesel, il che corrisponde a circa 17 milioni di auto a benzina e 16,6 milioni a gasolio. L'impatto dell'aumento del diesel riguarderà quindi una platea vastissima di automobilisti, soprattutto coloro che utilizzano quotidianamente il veicolo per lavoro o per lunghe percorrenze.
D'altra parte, i proprietari di auto a benzina potranno beneficiare del taglio simmetrico dell'accisa, anche se resta da vedere quanto questo risparmio fiscale si tradurrà effettivamente in prezzi più bassi alla pompa. Va ricordato, infatti, che il prezzo finale dei carburanti non dipende solo dalle imposte, ma anche dalle quotazioni internazionali del petrolio, dal cambio euro-dollaro, dai costi logistici e dai margini applicati dalla distribuzione e dalle compagnie petrolifere. Per questo motivo tutte le associazioni dei consumatori hanno sottolineato la necessità di una vigilanza attenta sul mercato nei primi mesi del 2026, per verificare che la riduzione fiscale sulla benzina non venga assorbita da aumenti di altre componenti del prezzo e che l'aumento sul gasolio non diventi pretesto per rincari speculativi oltre la misura prevista dalla legge.


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