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Successione, puoi vendere una casa ereditata anche se un erede non è d’accordo: ecco come fare e tutte le soluzioni

Pubblicato il: 22/11/2025

Ereditare un immobile può sembrare una fortuna, ma spesso si rivela una improvvisa fonte di problemi e liti tra familiari. Infatti, succede spesso che – quando una casa diventa oggetto di eredità condivisa – gli eredi non riescano a mettersi d'accordo sulla sua gestione. Perché c'è chi vuole venderla per ottenere liquidità, chi – invece – preferisce mantenerla per ragioni di memoria affettiva e chi, ancora, vorrebbe farla oggetto di un contratto di locazione e trarne, così, un reddito periodico. Perciò, il palese rischio è che l'immobile resti bloccato per anni, in una situazione di stallo tra volontà diverse e contrapposte.

In casi come questi, è opportuno chiedersi: è possibile vendere una casa ereditata, se anche un solo erede non dia il consenso? In verità, la risposta non è semplice o rapida, ma l'ordinamento giuridico offre diverse vie per uscire dallo "stagnazione" e sciogliere la comunione ereditaria.
Anzitutto rimarchiamo che ci sono alcuni documenti da predisporre, prima di vendere la casa ereditata, ossia la dichiarazione di successione debitamente registrata e la certificazione ipocatastale che comprovi la mancanza di ipoteche o altri gravami sull'immobile.

C'è un punto essenziale da cui iniziare, per dirimere la matassa: è necessario l'accordo di tutti per vendere la casa ereditata. Infatti, con l'accettazione dell'eredità, i chiamati diventano comproprietari dei beni lasciati dal defunto. In termini pratici, ciò vuol dire che ciascun erede è titolare di una quota ideale sull'intero patrimonio, compreso l'immobile che fu di proprietà del de cuius. Conseguentemente, la sua vendita – per avere validità legale – richiede un atto di disposizione congiunto, aderente al dettato degli artt. 1108 e 734 c.c.: in breve, occorre il consenso unanime di tutti i coeredi davanti al notaio, presso cui firmeranno l'atto di rogito. D'altronde la vendita di un immobile è considerata un atto di amministrazione straordinaria e, perciò, impone il sì unanime di tutti i contitolari del diritto di proprietà.

Il veto anche di un solo erede – e che vanti, magari, soltanto una quota minima – è sufficiente a bloccare la vendita di tutto il bene immobile. È chiaro che questa regola sull'opposizione dell'erede nella comunione ereditaria impone di considerare alcune vie d'uscita, quando l'accordo delle parti della successione si palesi impossibile.

Vero è che la legge consente al coerede di vendere la propria quota ereditaria, laddove voglia liquidare la sua posizione. Attenzione però, in quanto questa particolare operazione è soggetta a un importante vincolo, ossia il diritto di prelazione degli altri eredi, di cui all'art. 732 del c.c.. Il meccanismo è sostanzialmente il seguente:

  • l'erede che vuole vendere la propria quota deve notificare (via raccomandata o PEC) agli altri coeredi la proposta di vendita e il prezzo concordato con il possibile acquirente;
  • gli altri coeredi hanno due mesi di tempo per esercitare il diritto di prelazione, comprando la quota all'identico prezzo;
  • se nessuno esercita la prelazione, l'erede può vendere liberamente al terzo;
  • nel caso di omissione della notifica, gli altri eredi possono far valere quello che in gergo è definito retratto successorio. Potranno cioè riscattare la quota dal nuovo acquirente, versandogli lo stesso prezzo.
A dire il vero, nella realtà quotidiana è difficile trovare un acquirente disposto a comprare una quota indivisa di un immobile, subentrando in una situazione potenzialmente conflittuale e senza garanzie di poter disporre liberamente dell'immobile, in futuro.

C'è poi un altro scenario. Se gli altri eredi bloccano la vendita, può entrare in gioco la divisione giudiziale, così chiamata perché disposta tramite un giudice (art. 713 del c.c.). In sintesi, quando la vendita della singola quota non è fattibile e non si riesce a raggiungere un accordo delle parti, l'erede interessato – anche da solo e senza il consenso degli altri – ha il diritto di chiedere la divisione in tribunale. L'istituto in oggetto consente di sciogliere forzatamente la comunione ereditaria e ha a oggetto un diritto imprescrittibile ed esercitabile in ogni momento. Tuttavia, l'erede che vuole la divisione giudiziale deve chiamare in causa tutti gli altri coeredi (litisconsorzio necessario di cui all'art. 784 del c.p.c.).

Di seguito, il magistrato incaricato di risolvere la questione nominerà un consulente tecnico d'ufficio, al fine di stimare il valore di mercato attuale dell'immobile e verificare se lo stesso è – come si dice in gergo – comodamente divisibile tra i coeredi. Il punto, però, è che la maggior parte degli immobili residenziali non è fisicamente divisibile, senza alterarne significativamente il valore economico. Ecco perché, in circostanze come queste, il giudice potrà:

  • assegnare la casa a uno degli eredi (o a più di uno insieme) che lo richiedano, e siano disposti a versare agli altri un conguaglio di importo corrispondente al valore della loro quota;
  • se nessuno fa richiesta o ha la possibilità economica di pagare gli altri coeredi, disporrà la vendita all'asta dell'intero immobile. Il ricavato, detratte le spese, sarà distribuito tra gli eredi in base alle rispettive quote.
Da un lato, la vendita all'incanto assicura lo scioglimento della turbolenta comunione, ma – dall'altro – la prassi insegna che implica tempi dilatati e spesso una vendita a prezzo inferiore, rispetto a quello di mercato.

C'è, infine, un altro caso pratico molto interessante e rischioso, ossia quello dell'avventato tentativo di vendere l'intero immobile pur senza il via libera degli altri coeredi. Ebbene, in ipotesi di mancata autorizzazione all'operazione, le conseguenze giuridiche – per il coerede che si comporta come se fosse il solo proprietario – sono, alternativamente, quelle che seguono:

  • il venditore-coerede si obbliga a far acquistare la proprietà all'acquirente, esclusivamente laddove l'immobile gli sia poi assegnato al termine della procedura di divisione;
  • altrimenti, la vendita non trasferirà la proprietà, e il compratore potrà tutelarsi chiedendo al coerede la restituzione del prezzo ed eventualmente il risarcimento danni.
Concludendo, vendere una casa ereditata quando uno degli eredi si oppone è possibile, ma impone di conoscere bene i diritti e gli strumenti messi a disposizione dalla legge, ossia la prelazione degli altri coeredi, la divisione giudiziale con possibile assegnazione o vendita all'asta e l'impossibilità di trasferire la proprietà del bene senza il consenso di tutti. In definitiva, non bisogna mai dimenticare che esistono regole, strumenti e percorsi – anche giudiziari – che consentono di uscire da quella che, spesso, si manifesta come una paralisi immobiliare e familiare.

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