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Acquisti nei negozi, se esci senza aver comprato nulla potresti dover risarcire il proprietario: ecco i casi

Pubblicato il: 14/08/2025

La domanda può sembrare paradossale: chi entra in un negozio e si limita a osservare, senza acquistare alcun bene, può essere chiamato a risarcire un eventuale danno al commerciante? Per rispondere, è necessario inquadrare il problema all’interno del diritto civile, più precisamente delle regole sulla responsabilità precontrattuale e sulla buona fede nelle trattative.

In linea generale, è riconosciuta al consumatore la piena libertà di entrare in un negozio e valutare i prodotti esposti senza essere obbligato ad acquistarli. Questa libertà è implicita in qualsiasi rapporto negoziale preliminare: chi osserva, si informa o richiede chiarimenti non compie alcun atto illecito. Anzi, l’assistenza ricevuta dai commessi rientra nell’offerta che l’attività commerciale mette a disposizione al pubblico.

Tuttavia, è necessario commisurare l’interesse del commerciante alla protezione del proprio investimento relativo alla struttura, al personale e alla merce esposta, con i diritti del consumatore. In questa prospettiva, il principio di libertà non è assoluto: la condotta del visitatore può quindi essere sanzionata, se assume caratteristiche palesemente strumentali. Ad esempio, è il caso di quegli avventori che entrano in un negozio per provare degli articoli che sanno già di voler acquistare, ad un prezzo più conveniente, online.

È qui che entra in gioco il concetto di ingiustificato recesso dalle trattative.

Il Codice civile, agli articoli 1175, 1337 e 1375, impone a chiunque partecipi a trattative precontrattuali di agire secondo buona fede, evitando comportamenti opportunistici che possano danneggiare l’altra parte. Ebbene, il recesso ingiustificato dalle trattative si verifica quando una parte si ritira senza motivo da una negoziazione concreta, causando danno economico o patrimoniale all’altra.

Quindi, sebbene la semplice visita senza acquisto non costituisca una trattativa concreta e non ne scaturisca alcun obbligo risarcitorio per il cliente, questo non vale quando il cliente si faccia servire dal commesso o dal commerciante, facendo credere loro che acquisterà un oggetto, per poi tirarsi indietro senza alcun valido motivo.

Infatti, è necessario distinguere la normale visita dall’abuso della fase precontrattuale. Il diritto al risarcimento potrebbe ipoteticamente sorgere in capo al commerciante se il visitatore:

  1. lo ha indotto in errore sulla reale intenzione di acquistare, ad esempio promettendo un acquisto imminente pur non avendone alcuna intenzione;
  2. gli ha causato spese specifiche legate alla sua presenza, come richieste straordinarie di consulenza, assistenza personalizzata, prove di prodotti particolarmente impegnative;
  3. ha agito con finalità dolosamente strumentali, ad esempio prelevando informazioni riservate sui prezzi o sulle strategie commerciali per danneggiare il negozio o favorire concorrenti.
Solo in questi casi la condotta del visitatore potrebbe essere considerata scorretta e configurare una responsabilità precontrattuale ai sensi dell’art. 2043 c.c., richiedendo un eventuale risarcimento del danno subito dal commerciante.

La risposta alla domanda iniziale è chiara: chi entra in un negozio senza acquistare nulla, nella normale esperienza commerciale, non può essere condannato a risarcire il danno all’esercente. Tuttavia, qualora il cliente entri in un negozio e chieda di essere servito mostrando l’intenzione di acquistare e tirandosi poi indietro senza giustificato motivo, la sua condotta potrebbe essere civilmente sanzionata.

La libertà di valutare i prodotti è dunque garantita: il semplice comportamento di osservazione non costituisce violazione della buona fede, né ingiustificato recesso da trattative. Diversamente, se la condotta del visitatore assume carattere strumentale, doloso o genera danni concreti legati a un impegno precontrattuale, può nascere un obbligo risarcitorio in capo al cliente-avventore.

Il principio di base è semplice: il negozio è aperto a chi desidera valutare liberamente, ma non ogni comportamento è esente da responsabilità se viola la buona fede contrattuale.


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