Pubblicato il: 13/08/2025
Le indagini finanziarie avviate dal Fisco possono essere rivolte anche a chi non utilizza strumenti bancari tradizionali. In questi casi, le verifiche si basano su ciò che viene registrato presso l’Anagrafe dei rapporti finanziari, una banca dati creata appositamente per monitorare qualsiasi relazione di tipo economico con banche, uffici postali e intermediari finanziari.
Chi effettua un’operazione allo sportello – come un bonifico pagato in contanti o la richiesta di un assegno circolare – lascia comunque una traccia. Gli operatori bancari, infatti, sono obbligati a comunicare nome, cognome, codice fiscale, importo e natura dell’operazione all’Agenzia delle Entrate. Questa comunicazione avviene in automatico e consente all’Amministrazione finanziaria di effettuare incroci con i redditi dichiarati. Se qualcosa non torna, può scattare l’accertamento.
Attenzione ai movimenti extra conto: anche i contanti allo sportello sono tracciati
Il cuore della questione sta nelle cosiddette “operazioni extra conto”, ovvero quelle attività bancarie e postali che vengono svolte senza l’utilizzo diretto del conto corrente. Pagare un bonifico allo sportello in contanti, cambiare un assegno, acquistare valuta estera o richiedere vaglia e buoni postali sono tutte operazioni che, pur non comparendo nell’estratto conto, vengono registrate e comunicate al Fisco.
Secondo quanto stabilito dall’art. 32 delle disp. accert. imp. redditi, ogni movimento di denaro che non trova una giustificazione nei redditi dichiarati dal contribuente può essere considerato presuntivamente un reddito non dichiarato. Questo significa che il Fisco può chiederti di spiegare l’origine dei fondi e, se non riesci a fornire prove concrete e documentate, quelle somme possono essere tassate come se fossero guadagni in nero.
Cosa il Fisco riesce a controllare e cosa invece gli sfugge
Il sistema di controllo fiscale italiano, oggi, è tra i più avanzati d’Europa. Non solo vengono monitorati i conti correnti, i conti deposito, i libretti postali e le carte di credito (anche prepagate), ma anche le cassette di sicurezza, di cui si registra perfino il numero degli accessi effettuati dal cliente. Inoltre, tutte le forme di risparmio gestito o affidato a fiduciari sono soggette a vigilanza, in modo da intercettare eventuali operazioni sospette.
Tuttavia, esistono ancora zone grigie. Le transazioni in contanti tra privati restano difficilmente tracciabili, a meno che non siano segnalate in altro modo (ad esempio, durante un controllo fiscale, una segnalazione da parte di un soggetto terzo o un’indagine penale). Pagamenti in contanti per acquisti quotidiani o trasferimenti informali di denaro non vengono registrati, a meno che non si tratti di beni o servizi che richiedono l’indicazione del codice fiscale dell’acquirente, come i biglietti aerei o alcune spese mediche detraibili.
Ma attenzione: appena il denaro contante entra in banca, diventa tracciabile. Se versi una somma sul conto, paghi un bonifico allo sportello o chiedi un assegno circolare, quel denaro “prende un nome”, il tuo. Ed è in quel momento che il Fisco può incrociare i dati e chiederti spiegazioni, soprattutto se i redditi dichiarati non giustificano l’operazione.
Controlli a tappeto anche senza avviso
Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non è necessario ricevere una comunicazione preventiva per finire sotto controllo. Le indagini finanziarie possono partire in modo automatico, grazie agli strumenti informatici dell’Agenzia delle Entrate che confrontano milioni di dati alla ricerca di anomalie. Basta una discrepanza evidente – ad esempio, una persona senza redditi ufficiali che movimenta migliaia di euro – per far scattare un accertamento fiscale.
Le conseguenze? Salate. Se non riesci a dimostrare l’origine dei fondi, il Fisco può contestarti un reddito non dichiarato, applicare le imposte dovute e aggiungere sanzioni fino al 240% della somma contestata, come previsto dal D.Lgs. n. 471/1997. In casi più gravi, può persino configurarsi il reato di evasione fiscale, con implicazioni penali, secondo quanto stabilito dal D.Lgs. n. 74/2000 (Legge sui reati tributari), soprattutto se la somma supera le soglie di rilevanza penale previste.
Insomma, anche se non hai o non usi un conto corrente, il Fisco ti osserva comunque.
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