Pubblicato il: 03/01/2025
Il redditometro è stato sostituito da uno strumento simile – chiamato "evasometro” – che serve a individuare i contribuenti con un alto rischio di evasione fiscale, facendo leva su presunzioni induttive tramite l’accertamento sintetico. Cosa significa?
Vuol dire che, da elementi noti, indicatori della capacità di spesa di un individuo, si risale all’esistenza di un reddito non dichiarato o di un reddito maggiore di quello dichiarato.
Lo scopo è individuare le posizioni con il più alto rischio di evasione.
A seguito di questo controllo, se gli elementi indicativi della capacità contributiva sono ritenuti come rappresentativi di un reddito superiore a quello dichiarato, l’Agenzia delle Entrate potrebbe muoverti una contestazione e inviarti un avviso di accertamento.
L'evasometro utilizza lo stesso principio del redditometro, ma con una novità importante: cioè la soglia di scostamento prevista affinché scattino i controlli da parte del Fisco.
In realtà parliamo di una doppia soglia, che il contribuente dovrà superare prima che il Fisco possa agire effettuando i dovuti accertamenti.
La prima soglia è uno scostamento del 20% tra il reddito ricostruito e quello dichiarato dal contribuente.
La seconda soglia consiste in uno scostamento pari a 10 volte l’importo dell’assegno sociale annuo. Tale assegno ha un importo di circa 7mila euro, quindi lo scarto deve essere di almeno 70mila euro affinché scattino gli accertamenti.
L’accertamento non è immediato. Infatti il Fisco effettuerà prima una valutazione del rischio di evasione, per individuare le categorie di soggetti che – potenzialmente – potrebbero essere oggetto di controlli. Inoltre gli strumenti utilizzati saranno implementati attraverso l’uso dell’intelligenza artificiale, così da ridurre la percentuale di errore nei controlli.
Più nel dettaglio, quando scatta un accertamento fiscale, l'Agenzia delle Entrate invia al contribuente un questionario per chiarire l'origine delle disponibilità economiche che gli hanno permesso di sostenere determinate spese e il contribuente può difendersi utilizzando la cosiddetta "prova contraria". Ma prova contraria di che cosa?
In via generale, il contribuente dovrà dare la prova che il presunto reddito non esiste o esista in misura inferiore rispetto a quanto presuntivamente accertato. In concreto, ad esempio, il contribuente potrebbe dare la prova che i pagamenti effettuati sono stati eseguiti da terze persone (parenti, per esempio) o derivano da una donazione. Ancora, il contribuente può dimostrare l’impiego, per l’acquisto, dei risparmi accumulati durante gli anni passati e non in quello che è stato preso in considerazione nell’accertamento fiscale da parte dell’Agenzia.
Se si tratta di un reddito esente da tassazione, come un risarcimento danni o una prestazione di invalidità, anche queste circostanze vanno documentate.
Inoltre, è possibile che il reddito non dichiarato derivi da fonti che non sono soggette a imposizione fiscale, come le vincite da giochi o eredità, o da transazioni come la vendita di altri beni.
Questa è la strada da percorrere, ma bisogna fare attenzione: è il contribuente che deve dare la prova contraria e questa prova deve essere supportata da una sufficiente documentazione.
Se il contribuente non riesce a fornire una spiegazione soddisfacente, l’Agenzia delle Entrate considera le spese non giustificate come redditi non dichiarati, emettendo un avviso di accertamento. Questo avviso include non solo il pagamento delle imposte dovute, ma anche le relative sanzioni per evasione fiscale.
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