Pubblicato il: 22/05/2025
Cos’è cambiato con il nuovo decreto?
La novità nasce da una modifica sostanziale di una norma già esistente, l’art. 28 ter delle disp. risc. imp. redditi. In passato, la legge prevedeva che il fisco proponesse al contribuente la possibilità di compensare volontariamente eventuali debiti con i rimborsi fiscali spettanti. Il contribuente aveva un termine di 60 giorni per accettare o rifiutare la proposta. In caso di rifiuto, il rimborso veniva comunque emesso.
Adesso, invece, il meccanismo cambia in modo radicale: non serve più il consenso del contribuente. Se risultano debiti pendenti, il rimborso non viene più liquidato, ma trattenuto direttamente dall’Agente della riscossione.
Il blocco dei rimborsi scatta in presenza di iscrizioni a ruolo a carico del contribuente, ovvero quegli elenchi in cui vengono riportati i debiti non saldati.
Più nel dettaglio, l’iscrizione a ruolo rappresenta un passaggio chiave nella procedura di riscossione dei debiti verso l’erario. Si tratta, in sostanza, della formale trascrizione di un debito (come imposte non pagate, sanzioni o interessi) in un apposito elenco, chiamato “ruolo”, che viene poi affidato all’Agente della Riscossione per procedere al recupero coattivo delle somme dovute.
Una volta che il debito è iscritto a ruolo, al contribuente viene notificata la relativa cartella di pagamento, con l’indicazione degli importi da versare, le scadenze e le modalità di opposizione. Se la cartella non viene saldata nei termini, l’AdER può attivare azioni esecutive come il pignoramento di conti correnti, stipendi o immobili.
In questi casi, l’Agenzia delle Entrate è obbligata a verificare la posizione del contribuente prima di procedere con l’erogazione di qualsiasi rimborso superiore a 500 euro.
In presenza di cartelle esattoriali non saldate, l’AdER formula la propria proposta di compensazione. Se il contribuente rifiuta, l’importo viene trattenuto: non viene quindi più rimborsato al contribuente, ma viene messo a disposizione dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Le somme restano congelate fino al 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui avrebbero dovuto essere rimborsate. Questo significa che, ad esempio, un rimborso del modello 730 del 2025 potrebbe rimanere fermo fino a fine 2026, se ci sono pendenze fiscali non risolte. Per importi inferiori a 500 euro, invece, la nuova norma non si applica: il rimborso viene comunque erogato.
Chi ha debiti iscritti a ruolo e aspetta un rimborso fiscale – magari già contabilizzato nel 730 – potrebbe dunque non ricevere nulla, almeno fino al termine indicato dalla legge.
La nuova norma, se da un lato mira a rafforzare il recupero dei crediti pubblici, dall’altro rischia di penalizzare proprio i contribuenti più in difficoltà, che contavano su quei rimborsi per affrontare le proprie spese.
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