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Assegno di Inclusione 2025, l’INPS non te lo può revocare secondo il Tribunale di Chieti, servono valide giustificazioni

Pubblicato il: 25/01/2025

Il diritto all’Assegno d’inclusione (Adi) – misura che, dal 1° gennaio 2024, ha sostituito il Reddito di Cittadinanza – è riconosciuto dal D.L. 48/2023 sulla base di specifici requisiti, che devono essere posseduti dal nucleo familiare al momento della domanda. Tale misura, in particolare, è rivolta alle famiglie che presentano, nel proprio nucleo familiare, almeno un componente che sia:
  • disabile;
  • minore;
  • avente un'età di almeno 60 anni;
  • in condizione di svantaggio e inserito in programma di cura e assistenza dei servizi socio-sanitari territoriali certificato dalla pubblica amministrazione.

Va, poi, sottolineato che l’ADI è una misura che favorisce la ricerca del lavoro. Infatti, per accedere a questo beneficio, è necessario partecipare ad un percorso di inclusione sociale e lavorativa. L’erogazione dell'ADI parte dal mese successivo alla sottoscrizione del Patto di Attivazione Digitale (PAD): nel PAD l’interessato deve dare le informazioni necessarie per l’attivazione al lavoro e per la sottoscrizione del Patto di Servizio Personalizzato, come l’indicazione di almeno tre agenzie per il lavoro. Inoltre, con il PAD, l’interessato si impegna anche a presentarsi alla convocazione del servizio per il lavoro che è competente per la stipula del Patto di Servizio Personalizzato.

Nell’ottica di garantire l’equità e la correttezza nell’erogazione di tale misura di sostegno, all’INPS è riservata l’attività di monitoraggio: si tratta di effettuare mirati controlli sui nuclei familiari che percepiscono l’assegno di inclusione, con particolare attenzione a coloro che non hanno segnalato eventuali redditi derivanti da nuove attività lavorative o da partecipazione a percorsi di politica attiva per l'impiego.
Sui beneficiari dell’assegno di inclusione grava, in particolare, l’obbligo di dichiarare tempestivamente ogni variazione del proprio reddito e della composizione del rispettivo nucleo familiare, pena la revoca della prestazione.

Al riguardo, si segnala una recente ordinanza del Tribunale di Chieti, Sezione Lavoro, emanata il 9 gennaio 2025, con cui è stata dichiarata illegittima la revoca del sussidio al beneficiario, effettuata senza addurre motivazioni.

Quali i fatti?
Una donna divorziata e madre di figli disabili, beneficiaria dell'Adi, ha visto interrompersi il sostegno economico dopo soli pochi mesi di fruizione. La sospensione è avvenuta senza preavviso né spiegazioni ufficiali da parte dell'INPS, il quale, a partire da novembre 2024, non ha effettuato la consueta ricarica mensile.

La revoca del beneficio ha suscitato dubbi sulla trasparenza e sulla correttezza dell'operato dell'INPS, che non ha fornito alcuna motivazione per tale decisione. In risposta, la donna si è rivolta a un patronato che, con l’assistenza di un avvocato, ha presentato ricorso urgente invocando l'art. 700 del codice di procedura civile. Tale articolo permette l'adozione di provvedimenti immediati per evitare danni irreparabili ai diritti di una persona.
Secondo il legale della donna, la revoca dell'Adi rischiava di avere gravi conseguenze sull'equilibrio economico e sociale della famiglia, già provata dalle difficoltà legate al divorzio e alla condizione di salute dei figli disabili, bisognosi di cure costanti.

Il Tribunale di Chieti ha preso in considerazione il caso e, con una decisione rapida, ha annullato la revoca della prestazione. La sospensione risalente a novembre 2024 è stata, infatti, revocata con una sentenza di gennaio 2025, giudicando illegittima la decisione dell'INPS, poiché la revoca del sussidio era avvenuta senza una giustificazione adeguata e senza che la beneficiaria fosse stata informata correttamente delle ragioni di tale azione. La misura adottata inaspettatamente dall'istituto previdenziale – è stato osservato – ha avuto un impatto devastante sulla situazione economica della famiglia.

Il Tribunale ha sottolineato che l'Adi è una misura fondamentale di supporto per le persone vulnerabili, come nel caso della donna con figli disabili, e che l'INPS ha violato i doveri di informazione nonché il principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione.


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