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Assegno unico, multa fino a 3.000 euro se lo usi per fare spese sbagliate, ecco quando scatta la sanzione: la Cassazione

Pubblicato il: 18/03/2025

Le famiglie con figli a carico fino ai 21 anni (e senza limiti di età per figli disabili a carico) possono usufruire del c.d. assegno unico universale. Tuttavia, è fondamentale sapere come usare correttamente questo sostegno economico, soprattutto quando si fa riferimento a genitori separati o divorziati.

Infatti, come confermato dalla Cassazione (con la sentenza n. 24140 del 2023), occorre fare attenzione perché si corre il rischio di commettere un reato.

Quando c’è il pericolo di commettere un reato?

Innanzitutto, come evidenziato dall’INPS, l’assegno unico universale è previsto a favore delle famiglie con figli a carico ed è attribuito per ogni figlio minorenne a carico, per ciascun figlio maggiorenne a carico fino al compimento dei 21 anni (a determinate condizioni) e per ogni figlio con disabilità a carico senza limiti di età.

Si tratta di un sostegno economico che, su domanda, viene erogato dall’INPS in base all’ISEE presentato del nucleo familiare, tenuto conto di vari elementi tra cui l’età dei figli a carico.

Quindi, in quali ipotesi si pone in essere un reato?

L’assegno è uno strumento assistenziale per la famiglia che abbia figli a carico. In via generale, le somme percepite a titolo di Assegno unico devono essere utilizzate per supportare la famiglia nella sua crescita. Difatti, l’assegno è finalizzato alla semplificazione e al potenziamento degli interventi diretti a sostenere la genitorialità e la natalità.

In concreto, l’assegno dovrà essere utilizzato per assicurare un miglior tenore di vita ai figli: cioè, bisognerà prestare attenzione innanzitutto ai bisogni dei figli e dovranno essere escluse spese strettamente personali e futili dei genitori.

In relazione ai genitori separati o divorziati con figli a carico, la normativa (il D.Lgs. n. 230/2022) disciplina le modalità di ripartizione dell’assegno unico per i figli.

Dunque, l’assegno unico universale spetta, nell’interesse del figlio, in parti uguali a chi esercita la responsabilità genitoriale (art. 2, comma 2 del D.Lgs. n. 230/2022).

Tuttavia, frequentemente, in caso di affidamento condiviso con collocazione prevalente presso uno dei genitori, le parti si accordano affinché l’assegno venga dato interamente al genitore collocatario.


Però, in caso di separazione o divorzio, cosa succede se il genitore non affidatario riceve l’assegno unico e lo usa per sé, senza impiegarlo per il figlio?

La Cassazione ha risposto con la sentenza n. 24140 del 2023.

La Suprema Corte ha affermato che, nel caso di separazione tra coniugi, il marito, che utilizza a proprio profitto l’assegno familiare percepito per i figli minori affidati alla moglie separata e con lei conviventi, realizza il reato di appropriazione indebita.

Ciò poiché egli non ha gestione autonoma dell’assegno. Infatti, l’assegno ha natura di integrazione alimentare e, dunque, è vincolato allo scopo fissato dal sistema normativo. Per questo motivo, l’uso dell’assegno non può discostarsi dalle finalità prestabilite.

In poche parole, cosa ha stabilito la Cassazione?

Per la Cassazione, il genitore, che pone in essere questo comportamento, può essere denunciato (e, quindi, è punibile) per il reato di appropriazione indebita.

In particolare, l’appropriazione indebita è prevista dall’art. 646 del c.p., secondo il quale è punito colui che, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria del denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso.

Peraltro, le conseguenze possono essere molto gravi.

Cosa rischia chi commette il reato di appropriazione indebita?

Ai sensi del codice penale, questa condotta viene punita con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000.


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