Pubblicato il: 30/03/2025
L'amministratore di condominio svolge un ruolo fondamentale nella gestione e nell'amministrazione degli edifici condominiali, garantendo che le spese e gli adempimenti siano equamente suddivisi tra i condòmini. Tuttavia, ci sono circostanze specifiche che possono rendere legittima l'interruzione o il rifiuto del pagamento dell'amministratore.
Il pagamento dell'amministratore di condominio avviene sulla base di un contratto di mandato con rappresentanza, un contratto a prestazioni corrispettive in cui, da un lato, vi è il conferimento di un incarico previo pagamento di un corrispettivo e, dall’altro, vi è lo svolgimento di una precisa attività in nome e per conto dei condomini. Ciò significa che le attività poste in essere dall’amministratore riverberano i propri effetti direttamente nella sfera giuridica dei condòmini rappresentati (mandato con rappresentanza).
L’art. 1460 del codice civile stabilisce che, nei contratti a prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l’altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria.
Invero, diversi sono gli obblighi cui è tenuto l'amministratore in forza del codice civile: garantire la tutela delle parti comuni dell’edificio, il rispetto del regolamento di condominio, convocare le assemblee almeno una volta all’anno, riscuotere le quote condominiali (soprattutto nei confronti dei morosi, azionando le azioni giudiziarie necessarie) non oltre sei mesi dall’approvazione del piano di riparto, pagare i fornitori, custodire la documentazione contabile e i vari registri del condominio, dare esecuzione alle delibere dell’assemblea, vigilare sull’uso dei beni e dei servizi comuni, rendere il conto della gestione, presentare la dichiarazione dei redditi per conto del condominio. Egli deve, poi, partecipare ai corsi di aggiornamento professionale.
A loro volta i condomini sono obbligati a pagare l'amministratore in base agli accordi presi in assemblea, ma esistono situazioni in cui tale pagamento può non essere dovuto. In particolare si indicano i seguenti casi:
- L’amministratore non è stato nominato correttamente dall'assemblea dei condomini. Questo può accadere, ad esempio, nei condomini di nuova costituzione, dove l’amministratore viene designato direttamente dal costruttore. Secondo reiterata giurisprudenza della Cassazione, infatti, l’amministratore deve essere nominato dall’intera assemblea e non da un singolo condomino.
- L’amministratore, al momento della nomina, non specifica l’importo del suo compenso. L’articolo 1129, comma 14, del codice civile prevede che, per essere valida, la nomina dell’amministratore debba indicare analiticamente il compenso richiesto. In mancanza di tale indicazione, la nomina diventa nulla e l’amministratore perde il diritto al compenso. Sul punto la Corte di Cassazione, con l'ordinanza 12927/2022, ha ribadito che l'assenza di un documento che specifichi l’importo del compenso rende invalida la delibera di nomina e, dunque, l’amministratore non ha diritto a ricevere alcun pagamento.
- Il mandato dell’amministratore è scaduto e lui esercita le funzioni ad interim. La L. n. 220 del 2012, entrata in vigore dal 18 giugno 2013, ha stabilito che l’esercizio dei poteri dell’amministratore condominiale, scaduto il mandato, è limitato ai soli casi urgenti senza diritto ad alcun corrispettivo.
Si segnala poi che il Tribunale di Milano, con sentenza n. 734/2020, ha stabilito che, se l’amministratore è inadempiente ai suoi obblighi di mandatario, ovvero della tenuta regolare e diligente della contabilità, per non avere, ad esempio, redatto i rendiconti con l’indicazione esatta delle entrate e delle uscite, oltre a non aver fornito le relative pezze giustificative, il condominio può rifiutarsi di pagarne il compenso.
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