Pubblicato il: 16/07/2025
Una nuova e recente sentenza del tribunale di Nocera Inferiore – la n. 1975 dell'11 giugno scorso – ha fatto chiarezza, in particolare, sulla responsabilità dell'amministratore del caseggiato, per mancato recupero crediti nei confronti dei condomini con debiti pregressi e non ancora saldati. La magistratura ha così spiegato che l'accertamento di tale responsabilità fa ricadere, sul professionista, l'obbligo di risarcimento danni, qualora il condominio – alla luce degli atti e delle risultanze istruttorie – sia in grado di provare l'entità del danno concretamente subito.
Per comprendere appieno portata e utilità di questa decisione, ricapitoliamo in sintesi la vicenda che ha portato alla sentenza n. 1975. Un condominio, rappresentato dall'amministratore pro tempore, ha citato in giudizio l'ex amministratrice – formalmente revocata dall'incarico con delibera assembleare – domandandone la condanna al risarcimento dei danni patiti dall'ente, a seguito delle gravi inadempienze gestionali commesse nel corso del suo mandato. Il condominio contestava – in particolare – il mancato recupero delle suaccennate morosità, la mancata rendicontazione delle somme riscosse, l'utilizzo di somme vincolate per fini diversi e non autorizzati dall'assemblea, come pure la percezione indebita di compensi dopo la revoca dell'incarico (di cui si chiedeva la condanna alla restituzione).
Il giudice chiamato a decidere sulla disputa ha accertato l'inerzia dell'ex amministratrice del caseggiato che l'ha citata in giudizio. Come si può leggere nel testo della decisione, all'esito dell'attività istruttoria, è emersa infatti la prova documentale dell'omissione delle attività di recupero crediti. E si noti in linea generale che, senza atti concreti intrapresi dall'amministratore (ad es. diffide, decreti ingiuntivi, azioni legali) e nonostante la presenza di morosità note e persistenti, è certamente contestabile in giudizio il comportamento non diligente dell'amministratore e la violazione dei suoi obblighi fiduciari.
Inoltre, il tribunale ha evidenziato che detta condotta negligente ha aggravato l'esposizione debitoria del condominio, conducendo all'instaurazione di contenziosi evitabili, con conseguente danno per la collettività condominiale. Ecco perché nei confronti dell'amministratrice è stato applicato l'art. 1710 del c.c. sulla diligenza del mandatario, con successiva condanna al risarcimento danni e accoglimento delle richieste degli attori.
Tuttavia, in questo specifico caso pratico, il giudice non ha avuto sufficienti elementi per quantificare con precisione il danno patito e – perciò – ha emesso una condanna generica, con riconoscimento del diritto dei condomini in via di principio, ma rinviando la precisa liquidazione della somma (con prova specifica) a separato giudizio, ai sensi dell'art. 1226 del c.c. sulla valutazione equitativa del danno. Al contempo, il giudice ha ritenuto fondate le altre doglianze del condominio, tra cui l'ingiustificata percezione di compensi dopo la revoca dell'incarico (quindi da restituirsi), perché priva di titolo e senza alcuna autorizzazione assembleare, o documentata esigenza di atti urgenti.
Concludendo, questa sentenza rappresenta un importante richiamo alla responsabilità degli amministratori condominiali, chiamati a gestire con diligenza e trasparenza il mandato ricevuto. L'inerzia o l’abuso di tale ruolo può tradursi in gravi conseguenze giuridiche e risarcitorie, contro cui ogni condominio può tutelarsi in tribunale.
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