Pubblicato il: 04/09/2025
Oggigiorno, l'attività di affittacamere in strutture ricettive può generare malumori in condominio, a causa di un flusso continuo di ospiti, maggiore rumore, uso di spazi condominiali e questioni legate alla sicurezza e all'ordine. Talvolta nascono liti quando non vengono rispettate le norme dei regolamenti condominiali ma, in tema di possibili divieti a questo genere di attività, c'è una precisazione molto importante da fare: non si può impedire l'attività di affittacamere senza che sia apposta una clausola di natura contrattuale nel regolamento. In termini pratici, l'effettuazione dell'attività di affittacamere da parte dei condomini non può – quindi – essere legalmente vietata dall'adunanza dei condomini, con una decisione a maggioranza.
Vero è che, a prevenire problematiche di tipo condominiale, negli ultimi tempi i costruttori hanno assunto un ruolo di primo piano nel definire le regole di convivenza condominiale, in riferimento all'uso delle unità immobiliari per attività ricettive. Per questo, non sorprende che gli operatori del settore immobiliare inseriscano clausole specifiche nei regolamenti, già in fase di progettazione, costruzione o vendita degli immobili, per stabilire il perimetro del corretto utilizzo delle unità abitative a fini ricettivi. Lo scopo è prevenire conflitti tra condomini, regolando rumore, flussi di ospiti, sicurezza e uso degli spazi comuni, così da ridurre le probabilità di contenziosi futuri legati all'attività ricettiva nelle singole unità.
In generale, senza un regolamento condominiale contrattuale che disponga in merito a limitazioni all'uso degli appartamenti, l'attività di affittacamere non può essere vincolata al divieto apposto da una decisione a maggioranza dei condomini, riuniti in assemblea. Lo ha recentemente spiegato il tribunale di Lecco con la sentenza 354/2025, chiudendo una controversia condominiale in cui una società aveva impugnato innanzi al giudice una delibera assembleare, che aveva dato il via libera a una condomina per l'avvio di un'attività di struttura ricettiva nella propria unità immobiliare.
Per la società attrice, la delibera in oggetto era invalida perché contrastante con il testo del regolamento contrattuale, il quale prevedeva che i singoli immobili dello stabile dovessero essere destinati meramente all'uso abitativo, e che – proprio perché regolamento contrattuale – ogni utilizzo differente sarebbe stato possibile solo con il "sì" unanime di tutti i condomini comproprietari. Nella causa in oggetto, il condominio si difese affermando l'inesistenza di un regolamento contrattuale che disciplinasse tale divieto. Infatti, secondo la controparte, il documento citato non era altro che una bozza di circa quarant'anni prima, mai firmata né allegata agli atti notarili e – quindi – priva di rilievo sul piano giuridico e dei rapporti interni al condominio. Parallelamente, il testo del regolamento assembleare – adottato e applicato dai condomini – appariva compatibile con l'effettuazione (occasionale) di brevi locazioni.
Ebbene, rigettando la tesi della società attrice, il magistrato lecchese – alla luce delle risultanze emerse in corso di causa – ha stabilito l'effettiva assenza di un regolamento contrattuale che, all'origine, includesse il divieto di usare gli spazi di un appartamento per attività di affittacamere. L'asserito regolamento contrattuale altro non era, infatti, che un mero testo preliminare, peraltro non allegato agli atti di compravendita degli appartamenti. Mentre – a un'attenta lettura dei suoi articoli – il testo del vigente regolamento assembleare, approvato alcuni anni prima, non conteneva alcun divieto di questo tipo.
Con la sentenza 354/2025, il tribunale di Lecco ha così concluso che l'attività di affittacamere, svolta dalla condomina nel caseggiato, non era impedita da alcuna regola preesistente. In mancanza di clausole e vincoli di natura contrattuale l'adunanza dei condomini non può, a maggioranza, invadere la sfera privata dei singoli proprietari di unità immobiliari, ossia non può decidere come ognuno debba usare la propria abitazione o locale, né può fissare limiti, condizioni od obblighi su beni di proprietà esclusiva. In altre parole, l'assemblea condominiale può decidere esclusivamente sulle parti comuni e sulla gestione del condominio. In assenza di queste basi, ciascun condomino manterrà piena libertà sulla propria proprietà.
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