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Condominio, se la vicina usa i tacchi in casa rischia di doverti pagare un risarcimento e di commettere reato: Cassazione

Pubblicato il: 01/05/2025

Secondo un sondaggio effettuato da Confedilizia, nella classifica delle fonti di rumore che infastidiscono i condomini si colloca anche il suono dei tacchi che provengono dal piano soprastante o dagli zoccoli di legno indossati dal vicino di casa.

Ed è proprio notizia di questi giorni che una donna di Sesto Fiorentino ha ottenuto un risarcimento di 10.000 euro per i disturbi causati dai rumori dei tacchi sul pavimento in gres porcellanato, con impatto sulla salute psicologica. A supporto della sua richiesta, è stata prodotta una diagnosi medica che evidenziava un disturbo da ansia ricorrente provocato dallo stress acustico.

Ma, più nel dettaglio, quali sono i rimedi legali previsti in tali circostanze?
Preliminarmente si osserva che, nella prassi, la possibilità di ristorare un danno che si ricolleghi, a vario titolo, alla compromissione di quella dimensione di pace e tranquillità connaturata alla propria abitazione, si scontra, in primo luogo, con la necessità di dimostrare che sia stato superato quel livello minimo di offensività, tale da rendere il pregiudizio degno di tutela.

Una prima fonte di tutela va rinvenuta nelle prescrizioni stabilite dal regolamento condominiale, che possono limitare i rumori molesti.
Ma la questione è disciplinata anche dal codice civile, all’art. 844, che stabilisce la soglia della normale tollerabilità del rumore, superata la quale si può ricorrere alla tutela del giudice.
A tal fine, è necessario che il ricorrente si procuri una consulenza tecnica di parte che, con registrazioni fonometriche, determini l’esatto volume dei rumori.
Per poter agire è necessario che il rumore superi almeno di tre decibel il limite consentito, che per le case comuni è di 40 dB di notte e 50 dB di giorno.

Ancora, in un condominio, comportamenti che contraddicono il buon senso e la tranquillità e che, in generale, possono disturbare gli altri residenti possono sfociare in reati.
Si richiama l’art. 659 del codice penale, il quale prevede che "chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a euro 309".
Tuttavia, occorre anche precisare che le condotte descritte acquistano penale rilevanza solo ove abbiano arrecato un effettivo pregiudizio a carico di più persone.
La Cassazione, infatti, ha in più occasioni ribadito che, per la valutazione del disturbo, è necessario considerare se altri condomini abbiano percepito i rumori e se siano state presentate ulteriori lamentele o segnalazioni (Cass., sent. 2071/2024).

In altra occasione la Cassazione ha, invece, confermato la condanna per stalking nei confronti di una donna che, con rumori molesti e atti intimidatori, aveva reso impossibile la vita dei vicini. La Corte ha sottolineato come qualsiasi condotta che interferisca nella vita privata, generando ansia e alterando le abitudini, può configurare il reato di stalking (Cass., n. 44261/2024).
Questo indirizzo potrebbe rappresentare, dunque, una via legale alternativa ed efficace per contrastare il fenomeno del disturbo della "pace domestica": la possibilità di sporgere querela per stalking, anche in assenza di un disturbo diffuso che coinvolga più persone, costituisce, invero, un deterrente importante contro i comportamenti molesti e un passo avanti nella tutela della quiete privata.


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