Pubblicato il: 27/05/2025
Organizzazione condivisa delle spese, maggiore trasparenza e flessibilità operativa sono alcuni dei motivi che rendono il conto corrente cointestato un'ottima scelta per la gestione delle finanze familiari. Attenzione però a capire come funziona il pignoramento presso terzi di un conto di questo tipo, qualora uno dei cointestatari sia debitore insolvente a causa di personali difficoltà economiche e affronti così una procedura esecutiva.
Ebbene, di riferimento è l'art. 599 del c.p.c. il quale indica espressamente qual è la prassi in tali circostanze: é in gioco un tipico pignoramento di beni indivisi, ossia beni appartenenti a più persone contemporaneamente, senza che ne sia stabilita una divisione materiale o una quota "fisica" di proprietà. A essere oggetto della procedura giudiziaria è – in particolare – il credito dei cointestatari verso la banca, per la restituzione di quanto giacente nel conto stesso.
Siccome questo iter tocca anche le quote appartenenti a contitolari non debitori, il citato articolo civilistico impone al creditore l'obbligo di notificare un avviso dell'effettivo pignoramento agli altri intestatari, in modo che questi ultimi – prima che il giudice assegni le somme al creditore – possano eventualmente tutelarsi in tribunale con l'opposizione di terzo all'esecuzione, di cui all'art. 619 del c.p.c.. Al contempo la notifica prevista dalla legge ha anche la finalità di vietare agli stessi comproprietari di lasciare separare dal debitore la sua quota di credito sul conto, senza un ordine del tribunale.
A ricevere la notifica dell'atto di pignoramento del c/c cointestato, su iniziativa del creditore, è altresì la banca che sarà di seguito tenuta ad adempiere a specifici obblighi, tra cui quello di conservazione e custodia delle somme pignorate – ai sensi dell'art. 546 del c.p.c. – vietando a tutti i contitolari (anche quelli non debitori) di disporre liberamente di quanto si trova nel c/c, e – di fatto – cautelativamente bloccando una somma identica al debito menzionato nella procedura di esecuzione. Lo dovrà fare perché non ha il potere né i mezzi per accertare l'effettiva proprietà delle somme depositate tra i cointestatari e – infatti – sarà il magistrato a dover verificare l'eventuale applicabilità della presunzione legale per quote uguali di cui all'art. 1298 del c.c., nell'ambito della stessa procedura esecutiva.
Non solo. L'istituto dovrà inviare una dichiarazione PEC al creditore che ha avviato il pignoramento, in cui specificherà che il conto è effettivamente cointestato, chi sono gli altri cointestatari e di quali importi è debitrice verso il soggetto pignorato al giorno della notifica.
Come accennato, tutto ciò non toglie che il cointestatario possa tutelarsi in un secondo tempo, dopo essere stato avvertito della procedura con notifica del creditore. Innanzi al giudice, una volta acclarata la cointestazione, il contitolare delle quote potrà infatti provare (ad es. esibendo un estratto conto analitico) la sua porzione dell'intero credito verso la banca e chiederne lo svincolo, con provvedimento di separazione delle quote e applicazione delle regole previste per l'espropriazione dei beni indivisi.
In sintesi, al fine di determinare la quota del saldo del c/c effettivamente aggredibile dal creditore, il giudice dell'esecuzione applicherà la presunzione di quote uguali, a patto che – con la citata opposizione di terzo – il cointestatario non debitore non sia entrato nella procedura esecutiva, dando l'appena citata prova contraria rispetto alla suddivisione delle quote. Al termine il tribunale redigerà l'ordinanza di assegnazione con la quale imporrà alla banca di versare al creditore procedente una somma pari alla quota tale da saldare il debito e di sbloccare la rimanente parte del saldo anteriormente bloccato, che sarà così di nuovo pienamente utilizzabile dal contitolare non debitore.
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