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Decreto Salva Casa, da oggi basta la SCIA per trasformare il tuo ufficio in abitazione: ecco la nuova sentenza del TAR

Pubblicato il: 01/08/2025

Fino a poco tempo fa, chi voleva trasformare un ufficio in abitazione doveva affrontare un percorso burocratico complicato e costoso, che quasi sempre passava per il rilascio del permesso di costruire, anche quando non era previsto alcun intervento edilizio. Con il Decreto Salva Casa, invece, è stata modificata una norma del Testo Unico Edilizia: l’art. 23 ter del T.U. edilizia, che ora consente anche i cambi di destinazione d’uso “rilevanti” tra categorie funzionali diverse – come da commerciale a residenziale, o da ufficio ad abitazione – senza opere edilizie, solo con una SCIA.
Il vantaggio è evidente: niente progetti complessi, niente lunghi tempi di attesa per i permessi, niente oneri di urbanizzazione. La SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) è un procedimento amministrativo snello: una volta presentata, si può iniziare l’attività immediatamente, salvo verifica successiva da parte del Comune. E, se entro 30 giorni non arrivano contestazioni, il cambio d’uso diventa definitivo.
La giurisprudenza ha confermato questa interpretazione. Con la sentenza n. 731/2025, il TAR Puglia ha stabilito che il cambio d’uso da ufficio ad abitazione è legittimo con semplice SCIA, se non sono previste opere edilizie, rafforzando così l’orientamento favorevole ai cittadini che vogliono valorizzare immobili non più utilizzati per finalità direzionali.
Il Comune non può bloccare la SCIA dopo 30 giorni
Uno degli aspetti più rilevanti del nuovo quadro normativo riguarda i poteri del Comune dopo la presentazione della SCIA. Infatti, secondo l’art. 19 della legge sul proc. amministrativo, il Comune può intervenire solo entro 30 giorni dalla data di presentazione. Trascorso questo termine, non può più vietare l’intervento, a meno che non ci siano motivi molto gravi e specifici, che giustifichino l’annullamento d’ufficio in autotutela, e comunque entro 12 mesi.
Nel caso affrontato dal TAR Puglia, una società aveva depositato una SCIA il 2 agosto 2024 per cambiare la destinazione d’uso di alcuni uffici in abitazioni. Il Comune ha risposto solo l’11 ottobre, quindi ben 70 giorni dopo. Il TAR ha dichiarato inefficace il provvedimento comunale, in quanto emanato oltre il termine perentorio previsto dalla legge.
Questo significa che il silenzio dell’amministrazione oltre i 30 giorni equivale ad accettazione tacita. Un fatto molto importante, perché consente di programmare meglio i tempi di investimento, riducendo i rischi di blocchi improvvisi o dinieghi arbitrari. Il TAR, inoltre, ha sottolineato che il Comune, se vuole annullare la SCIA oltre il 30° giorno, deve dimostrare un interesse pubblico concreto e attuale, ai sensi dell’art. 21 nonies della legge sul proc. amministrativo.
Quando si può usare la SCIA e quando invece serve ancora il permesso di costruire
È importante, però, non fare confusione: non tutti i cambi di destinazione d’uso si possono realizzare con una semplice SCIA. La SCIA è ammessa solo se:
  • il cambio d’uso avviene senza eseguire opere edilizie, oppure
  • le opere previste rientrano tra quelle realizzabili con una semplice CILA (cioè interventi leggeri, che non incidono su struttura, sagoma, volumetria o destinazione urbanistica complessiva dell’immobile).
Se invece si prevede un intervento più invasivo, come ad esempio modifiche strutturali, ampliamenti volumetrici, variazioni significative della destinazione urbanistica o aumento del carico urbanistico, allora resta obbligatorio il permesso di costruire, come stabilito dalla normativa edilizia generale.
Con il Decreto Salva Casa, è stato superato l’obbligo generalizzato di permesso di costruire per ogni mutamento di destinazione d’uso tra categorie funzionali diverse, purché non siano previste opere. Quindi, chi intende trasformare un ex ufficio in abitazione, e non prevede alcun intervento edile, può farlo liberamente con SCIA, sempre che la zonizzazione urbanistica locale lo consenta.
Occhio alla zonizzazione urbanistica: residenziale e ufficio sono categorie diverse
Un punto spesso sottovalutato riguarda la differenza tra categorie funzionali e zonizzazione urbanistica. Il TAR, nel caso in oggetto, ha precisato che il cambio da ufficio ad abitazione è un passaggio tra due categorie funzionali diverse, anche se entrambe possono essere ammesse nella stessa zona residenziale secondo il Piano Regolatore Generale (PRG).
In altre parole, il fatto che un immobile si trovi in una zona residenziale non significa che non serva alcuna verifica urbanistica: bisogna comunque considerare la categoria funzionale dell’uso originario e di quello richiesto. Il TAR ha spiegato che l’uso professionale non è equivalente all’uso residenziale, anche se coesistono nella stessa area.
Inoltre, il Comune, pur non potendo più vietare il cambio d’uso dopo i 30 giorni, mantiene il potere di autotutela. Può cioè annullare il cambio nei 12 mesi successivi solo se dimostra che il mutamento compromette l’equilibrio urbanistico previsto dal piano attuativo (ad esempio, il rapporto tra abitazioni e servizi). Tuttavia, questo potere deve essere esercitato con grande cautela e solo in presenza di un concreto interesse pubblico.
Il Tribunale ha anche sottolineato che, in assenza di opere edilizie, non si crea un affidamento “forte” da parte del privato, perché non ci sono stati investimenti significativi. Ma ciò non significa che il Comune possa annullare tutto senza una giustificazione solida: servono comunque motivazioni dettagliate e circostanziate.


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