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Dipendenti pubblici, ecco come farti pagare le ferie non godute: nuova sentenza del TAR sulla monetizzazione delle ferie

Pubblicato il: 03/02/2025

Con la sentenza n. 19/2025, il TAR Friuli-Venezia Giulia affronta la delicata questione della monetizzazione delle ferie non godute da parte dei dipendenti pubblici, con particolare riferimento al caso di un militare in congedo della Guardia di Finanza.

La normativa italiana in materia di ferie non godute è molto dettagliata e prescrive diritti e doveri per entrambe le parti: lavoratore e datore di lavoro.
Secondo quanto prescritto dall'art. 10 del D. Lgs. 66/2033, il lavoratore dipendente deve utilizzare 2 settimane di ferie durante l’anno di maturazione; i giorni residui – quelli conteggiati nella parte bassa della busta paga – potranno essere goduti entro i 18 mesi successivi. Ad esempio, le ferie maturate nel 2024 dovevano essere godute metà nel 2024 e le restanti nei 18 mesi successivi al 31 dicembre 2024 (ossia, entro il 30 giugno 2026).

Ma cosa succede se le ferie non sono state godute entro le scadenze previste per legge (o dalla contrattazione collettiva)?

Se il dipendente non fruisce delle quattro settimane di ferie nei tempi previsti, c’è il divieto di monetizzazione: ossia, le ferie non possono essere pagate in busta paga. Pertanto, non è possibile trasformare le ferie in una somma di denaro.

In materia si richiama, inoltre, l’art. 7 della direttiva 2003/88/CE, laddove si definisce il diritto alle ferie retribuite come fondamentale e di fatto irrinunciabile, in quanto diretto al recupero delle energie psicofisiche spese dal lavoratore per la prestazione lavorativa svolta. La Corte di Giustizia europea, dal canto suo, ha poi ripetutamente affermato che il succitato art. 7 della direttiva 2003/88/CE vada interpretato nel senso che esso "osta ad una normativa nazionale che preveda il mancato riconoscimento dell’indennizzo per le ferie di cui il lavoratore non abbia potuto usufruire per causa al medesimo non imputabile prima della data della cessazione del rapporto" (sul punto si v. Corte UE 18.01.2024 in causa C-218/22, punti da 48 a 50).

La delicata questione delle sorti delle ferie pregresse e non godute è stata affrontata anche dall’ARAN, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni. Il contratto collettivo – sottolinea l'ARAN – in linea con il dettato costituzionale conferma il carattere di irrinunciabilità delle ferie stesse; pertanto, la questione delle ferie pregresse e non godute configura "un’eccezione non contemplata neanche dalla normativa contrattuale" (cfr. parere ARAN del 09.02.2024 e art. 28 del CCNL 16.10.2008).

Secondo costante giurisprudenza – tenuto anche conto del vigente divieto di monetizzazione delle ferie – è onere dell’amministrazione vigilare sulla fruizione delle ferie da parte dei lavoratori e, di conseguenza, sul rispetto dei termini temporali previsti.

In particolare – anche alla luce dei principi enunciati dalla giurisprudenza europea (Corte UE 6.10.2018 in causa C-684/16, punti da 45 a 47) – il datore di lavoro:

  • non può sottrarre automaticamente al lavoratore il diritto alle ferie dopo aver preso atto della loro mancata fruizione entro i tempi contrattuali;
  • prima di poter “azzerare” il contatore delle ferie maturate e non godute, ha l’onere di dimostrare di aver esercitato tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore fosse messo effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite alle quali aveva diritto;
  • è tenuto ad assicurarsi che il lavoratore fruisca delle ferie annuali retribuite, invitandolo – se necessario anche formalmente – a fruirne in tempo utile a garantire che le stesse siano ancora idonee ad apportare all’interessato il riposo e la distensione cui esse sono volte. Qualora ciò non accada, sarà quindi possibile attivarsi nei confronti del datore di lavoro per richiedere il pagamento dell’indennità relativa ai giorni di ferie accumulati negli anni, nella misura pari alla retribuzione lorda per ogni giorno non goduto, oltre ai riflessi previdenziali.

Ebbene, ad analoghe conclusioni è pervenuto, con la citata sentenza, il TAR Friuli-Venezia Giulia. Quali i fatti?

La controversia trae origine dall’impugnazione di un provvedimento con cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) aveva parzialmente respinto la richiesta – avanzata da un finanziere – del riconoscimento dell’indennità sostitutiva per ferie non fruite. Secondo l’Amministrazione, la mancata fruizione era attribuibile alla volontà del lavoratore, che non aveva presentato un’istanza per usufruire dei giorni maturati prima del collocamento in aspettativa.

Allineandosi agli indirizzi già espressi dall'organo di giustizia europea, il Collegio non solleva il datore di lavoro dall'onere di dimostrare di aver esercitato “tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore fosse effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite”.
Questa carenza informativa, osserva il TAR, rende illegittima l’estinzione del diritto alle ferie non godute e, conseguentemente, il mancato riconoscimento dell’indennità sostitutiva.
Il diritto alla retribuzione delle ferie non godute, dunque, matura non solo nel caso in cui le richieste siano state rigettate per esigenze di servizio, ma anche nel caso in cui l’ente di appartenenza non abbia informato – in maniera tempestiva, accurata e trasparente – i dirigenti ed i dipendenti che hanno delle ferie non godute e che la mancata richiesta determina, come conseguenza, il venire meno del diritto alla loro fruizione.


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