Pubblicato il: 31/10/2025
	La combinazione tra la riduzione dell’Irpef e la detassazione del salario accessorio potrà garantire un incremento fino a 56 euro al mese, pari a circa 664 euro l’anno. L’intervento coinvolgerà quasi tre milioni di lavoratori pubblici ed è pensato per restituire capacità di spesa, dopo anni di redditi pressoché immobili.
	Analizziamo, dunque, come funzioneranno le nuove agevolazioni e quali categorie ne trarranno i maggiori vantaggi.
Taglio Irpef dipendenti statali 2026: cosa cambia e quanto vale
La prima novità riguarda la riduzione della seconda aliquota. Dal 1° gennaio 2026 entrerà in vigore la riduzione della seconda aliquota Irpef, che scenderà dal 35% al 33%. Una misura che interessa tutti i contribuenti, pensionati compresi, ma che produce effetti tangibili soprattutto per chi rientra nella cosiddetta “classe media” – cioè la fascia di reddito compresa tra 28.000 e 50.000 euro – dove si concentra la quasi totalità dei lavoratori pubblici.
Il beneficio fiscale dipenderà dal livello di reddito:
- chi percepisce 30mila euro annui risparmierà circa 144 euro l’anno;
- a 40mila euro il vantaggio salirà a 384 euro;
- a 50mila euro arriverà a 440 euro.
Per esempio, un funzionario amministrativo con 36 mila euro lordi annui avrà circa 28 euro netti in più ogni mese: non rivoluzionario, ma sufficiente per percepire una differenza reale a fine anno. Insomma, un aumento contenuto ma costante e destinato a consolidarsi nel tempo, che comunque contribuirà a ridurre il peso fiscale sul lavoro dipendente.
Retribuzioni Pubblica Amministrazione: chi avrà più benefici
Per comprendere chi trarrà i maggiori vantaggi dal taglio Irpef, basta osservare la mappa dei redditi pubblici fornita dalla Ragioneria generale dello Stato. Il quadro è chiaro: il personale della sanità è quello con la retribuzione media più alta, attorno ai 43mila euro lordi l’anno, seguito dalle funzioni centrali – cioè ministeri, Inps, Inail e Agenzie fiscali – che si attestano a circa 41mila euro.
Più in basso si collocano le funzioni locali, come Comuni e Regioni, con una media di 33.700 euro, e la scuola, dove docenti e personale Ata si fermano poco sopra i 33mila euro. Proprio queste ultime categorie, tradizionalmente più penalizzate, saranno anche quelle che trarranno un beneficio proporzionalmente maggiore dal taglio dell’aliquota, ottenendo un piccolo ma percepibile incremento del reddito netto.
Detassazione del salario accessorio nella P.A.: come funziona l’agevolazione
Accanto alla riduzione dell’Irpef, la Legge di Bilancio 2026 introduce la detassazione del salario accessorio, una misura del valore di circa 380 milioni di euro. L’obiettivo è favorire la produttività e ridurre la tassazione sui premi e sulle indennità erogate dalle amministrazioni pubbliche.
La norma stabilisce che, per i dipendenti con retribuzioni annue fino a 50 mila euro, le somme legate al salario accessorio – come premi di risultato o indennità variabili – saranno soggette a una tassazione agevolata del 15% anziché all’aliquota Irpef ordinaria. Tuttavia, l’agevolazione potrà essere applicata solo su un importo massimo di 800 euro l’anno.
Sebbene questa soglia sia inferiore alla media dei premi erogati nella Pubblica Amministrazione (circa 1.200 euro), il beneficio resta tangibile: si stimano vantaggi fino a 144 euro annui per i redditi medi e fino a 224 euro per chi guadagna 50mila euro. È un passo avanti verso una politica retributiva che riconosce il merito e introduce elementi di flessibilità in un sistema storicamente rigido.
Aumenti busta paga dipendenti statali: di quanto cresceranno gli stipendi nel 2026
Sommando il taglio Irpef e la detassazione del salario accessorio, il beneficio complessivo in busta paga nel 2026 varierà sensibilmente a seconda della retribuzione.
	Un lavoratore con 35mila euro lordi annui potrà contare su circa 24 euro netti in più al mese; chi guadagna 40mila euro vedrà salire il suo stipendio di circa 32 euro mensili; mentre chi percepisce 50mila euro potrà arrivare fino a 56 euro al mese, equivalenti a 664 euro l’anno.
	Si tratta, dunque, di un aumento medio annuo compreso tra 400 e 650 euro, che si aggiungerà ai futuri incrementi contrattuali. Un effetto combinato che, pur non rivoluzionando i redditi, consolida il potere d’acquisto e restituisce un minimo di dinamismo alle buste paga del pubblico impiego.
Il beneficio sarà più evidente nei settori in cui i premi di produttività sono più diffusi (sanità e funzioni centrali) e più contenuto nella scuola o negli enti locali, dove la componente accessoria è tradizionalmente più limitata.
Rinnovo contratti pubblici 2025-2027: nuove risorse e aumenti in arrivo
	Oltre alle misure fiscali appena viste, il 2026 segnerà l’avvio della nuova stagione contrattuale per il pubblico impiego. Restano da concludere i tavoli per enti locali e scuola relativi al triennio 2022-2024, ma il governo ha già destinato fondi specifici per i successivi cicli 2025-2027 e 2028-2030.
	Sono previsti finanziamenti aggiuntivi per:
- enti locali (150 milioni di euro per incrementare le indennità del personale comunale);
- scuola (220 milioni di euro destinati a docenti e personale Ata.
Il prossimo anno, in definitiva, rappresenterà per i dipendenti statali un passaggio importante verso uno stipendio più equo e coerente con l’impegno quotidiano nella macchina amministrativa del Paese.
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