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Dipendenti pubblici, puoi avere la Partite IVA in regime forfettario, ma solo a certe condizioni: ecco quali e cosa fare

Pubblicato il: 25/04/2025

Chi supera un concorso pubblico può usufruire del regime fiscale forfettario, beneficiando dell’imposta sostitutiva del 15% (o 5%, in alcuni casi). L’Agenzia delle Entrate, infatti, ha chiarito che l’aggiudicazione di un concorso pubblico non attiva automaticamente la causa ostativa che vieta l’accesso al regime agevolato.
Dal 2019 il forfettario per partite IVA è stato oggetto di una doppia revisione: da un lato, l’innalzamento del tetto massimo di ricavi da 65.000 a 85.000 euro; dall’altro, l’introduzione di nuove limitazioni all’accesso. Tra queste, le due più rilevanti sono:
  • l’esclusione per chi, oltre alla partita IVA individuale, partecipa a società di persone, associazioni o s.r.l. collegate alla propria attività forfettaria;
  • il divieto per chi presta prevalentemente attività verso datori di lavoro attuali o passati (negli ultimi due anni), per evitare trasformazioni fittizie da lavoro dipendente a lavoro autonomo.
Concorso in azienda sanitaria: il caso del biologo e la risposta dell’Agenzia
Un esempio pratico è stato utile per fornire un’interpretazione della norma: un biologo libero professionista, già dipendente presso un’Azienda Sanitaria tra il 2018 e il 2019, presentava interpello all’Agenzia delle Entrate. Egli, infatti, intendeva partecipare a un nuovo concorso presso lo stesso ente per ottenere un incarico dirigenziale autonomo.
Il bando stabiliva due requisiti fondamentali:
  • l’incarico verrà conferito con contratto di prestazione professionale autonoma, senza subordinazione;
  • è necessario essere in possesso di partita IVA, oppure aprirla al momento dell’affidamento.
Il dubbio nasce in merito alla causa ostativa ex lettera d-bis) comma 57, introdotta con la Legge 190/2014, che blocca l’accesso al forfettario se il professionista lavora (o ha lavorato nei due anni precedenti) per lo stesso ente.

Vittoria del concorso e lavoro autonomo: l’accesso al forfettario è possibile
La risposta n. 163/2019 dell’Agenzia delle Entrate ha sciolto ogni perplessità: in caso di conferimento dell’incarico tramite procedura concorsuale, il professionista può aderire al regime forfettario. Tuttavia, viene precisata una condizione vincolante.
Se l’attività svolta, pur in forma autonoma, presenta le caratteristiche fiscali di un rapporto di lavoro subordinato, la tassazione agevolata non potrà essere applicata. In altre parole, l'elemento discriminante non è tanto il datore di lavoro, quanto la natura del rapporto contrattuale e la sua effettiva autonomia.

Perché il regime forfettario non si applica ai falsi autonomi
La finalità della causa ostativa è quella di contrastare il fenomeno delle trasformazioni simulate di contratti di lavoro dipendente in forme autonome, sfruttando il regime forfettario per ridurre l’imposizione fiscale.
Nel caso analizzato, però, il conferimento mediante concorso pubblico è considerato una garanzia di terzietà, che riduce significativamente il rischio di fittizia riconversione del rapporto. Per questo motivo, in simili contesti, l’esclusione dal forfettario non scatta.

Medico con doppio incarico: quando il regime agevolato non è più accessibile
Con la risposta n. 170/2019, l’Agenzia ha affrontato un’ipotesi simile, ma con esito differente. Si trattava di un medico cardiologo assunto a tempo indeterminato in un Istituto, che svolgeva in parallelo anche un’attività autonoma di tipo extra SSN, sempre presso lo stesso ente.
In questo caso, l’Agenzia ha chiarito che l’accesso al regime forfettario è precluso qualora, durante il periodo di osservazione, vi siano modifiche sostanziali al rapporto tali da trasferire quote di reddito da lavoro subordinato ad autonomo, allo scopo di fruire della tassazione forfettaria.

Quando si può mantenere il forfettario nonostante il doppio rapporto
La circolare 9/E del 10 aprile 2019 conferma che, in presenza di rapporti paralleli già esistenti (uno dipendente e uno autonomo), il forfettario resta applicabile solo se i rapporti rimangono invariati. Qualsiasi alterazione che incida sull’equilibrio delle prestazioni o dei redditi, anche solo formalmente, determina la perdita del beneficio fiscale.


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