Pubblicato il: 06/01/2025
Per avere diritto alla Naspi è necessario che il lavoratore dipendente abbia versato almeno 13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti l’inizio della disoccupazione. Ma non tutte le tipologie di contratto di lavoro danno diritto a questa indennità. Inoltre, la causa della disoccupazione deve essere involontaria, ossia non deve dipendere dalla volontà del lavoratore.
Iniziamo mostrandoti una tabella in cui elenchiamo chi ha diritto alla Naspi e chi no, per poi andare a spiegarne i motivi nei prossimi paragrafi:
Chi ha diritto alla Naspi | Chi non ha diritto alla Naspi |
Lavoratori licenziati per motivi economici o per giusta causa | Lavoratori con contratto a partita IVA, liberi professionisti, co.co.co. e collaborazioni occasionali |
Lavoratori che perdono il lavoro per crisi aziendale, fallimento o cessazione dell’attività | Stagisti e tirocinanti, in quanto non versano contributi durante il tirocinio |
Lavoratori che sono licenziati per inabilità lavorativa o superamento del periodo di comporto | Lavoratori a chiamata (intermittenti), se non hanno versato abbastanza contributi |
Lavoratori che rifiutano una nuova mansione proposta (repêchage) | Lavoratori che si dimettono volontariamente, salvo giusta causa |
Lavoratori che perdono il lavoro a causa di un licenziamento per assenza ingiustificata | Lavoratori che rifiutano il rinnovo di un contratto a tempo determinato formalmente |
Lavoratori che accettano la risoluzione consensuale del contratto tramite conciliazione presso l'Ispettorato del Lavoro | Lavoratori che si dimettono per motivi personali o familiari, senza giusta causa |
Licenziamento: quando si ha diritto alla Naspi?
In caso di licenziamento, il lavoratore ha diritto alla Naspi, anche se il licenziamento avviene per giusta causa. La giusta causa, di solito, si verifica quando il comportamento del lavoratore è grave, ma l'Inps riconosce comunque il diritto all'assegno. Questo principio è stato confermato dalle circolari Inps n. 140/2012, 142/2012 e 44/2013, nonché dalla risposta del Ministero del Lavoro (interpello n. 29/2013).
Oltre al licenziamento per giusta causa, la Naspi spetta anche nel caso di licenziamento per motivi economici, come crisi aziendale, fallimento, cessazione dell’attività o chiusura di un ramo d’azienda. Inoltre, anche se il datore di lavoro propone una nuova mansione al dipendente (repêchage) e quest’ultimo rifiuta, la Naspi è comunque riconosciuta.
Anche in caso di licenziamento dovuto a inabilità lavorativa, cioè quando il dipendente non è più in grado di svolgere le sue mansioni a causa di condizioni fisiche, si ha diritto alla disoccupazione.
Allo stesso modo, il lavoratore ha diritto alla Naspi se viene licenziato per superamento del periodo di comporto, ossia per aver fatto troppe assenze dovute a malattia.
Licenziamento per assenza ingiustificata e Naspi
In alcuni casi, un lavoratore potrebbe non presentarsi al lavoro senza giustificazione, cercando di evitare una dimissione volontaria per non perdere il diritto alla Naspi. Questo comportamento potrebbe portare a un licenziamento per giusta causa, con conseguente diritto all’assegno di disoccupazione.
Tuttavia, la Cassazione ha stabilito che, in caso di assenza ingiustificata, il datore di lavoro può chiedere il rimborso del ticket Naspi, una soluzione creata proprio per evitare che il lavoratore "aggiri" la legge.
Se un lavoratore è assente ingiustificato per più di tre giorni, il datore di lavoro può licenziarlo per giusta causa, concedendo così il diritto alla Naspi. Tuttavia, se l'assenza dura oltre 15 giorni, la legge stabilisce che il datore di lavoro può considerare la mancata presenza come una dimissione volontaria. In tal caso, il lavoratore non avrà diritto alla disoccupazione, a meno che non possa dimostrare di non aver avuto la possibilità di comunicare il motivo dell'assenza.
Contratto a tempo determinato e Naspi
Se un contratto a tempo determinato scade e il datore di lavoro non lo rinnova, il lavoratore ha diritto alla Naspi. Tuttavia, se il lavoratore si dimette prima della scadenza senza una giusta causa, non ha diritto all’assegno.
La stessa situazione si verifica se il lavoratore rifiuta il rinnovo del contratto. In quest’ultimo caso, se il rifiuto è stato espresso solo oralmente, l’Inps potrebbe erogare comunque la Naspi, in quanto non sarebbe possibile dimostrare che la decisione di non proseguire il rapporto di lavoro sia stata volontaria.
Se, invece, il rifiuto è stato formalizzato per iscritto e comunicato all'Inps, non si avrà diritto alla disoccupazione, poiché in tal caso non si può parlare di disoccupazione involontaria.
Dimissioni per motivi personali o familiari e Naspi
Le dimissioni per motivi personali, familiari o di salute, in generale, non danno diritto alla Naspi. Chi, ad esempio, si dimette per un problema di salute grave, sarà coperto da altri strumenti di sostegno, come l'assegno mensile di assistenza per chi ha una disabilità grave (con incapacità lavorativa dal 74% al 100%).
Dimissioni per giusta causa e Naspi
Le dimissioni per giusta causa danno diritto all’assegno di disoccupazione. Questo accade quando il lavoratore è costretto a lasciare il posto di lavoro per gravi violazioni del datore di lavoro. In questi casi, il lavoratore può recedere dal contratto senza preavviso. Se il lavoratore dà il preavviso, infatti, il diritto alla Naspi viene compromesso.
Alcuni esempi di giusta causa per le dimissioni includono:
- il mancato pagamento di più di due stipendi;
- ritardi gravi nel pagamento dello stipendio;
- omesso versamento dei contributi;
- mobbing, straining e altre forme di vessazioni sul lavoro;
- demansionamento (assegnazione a mansioni inferiori);
- molestie sessuali.
Rifiuto del trasferimento e Naspi
Il datore di lavoro può trasferire il dipendente in un’altra sede aziendale solo per ragioni organizzative e produttive. Se il dipendente rifiuta il trasferimento e ciò comporta la cessazione del contratto, avrà comunque diritto alla Naspi se il trasferimento implica una distanza superiore ai 50 km dalla sua residenza o se, per raggiungerlo, sono necessari più di 80 minuti con i mezzi pubblici.
Risoluzione consensuale e Naspi
La Naspi è riconosciuta anche in caso di risoluzione consensuale del contratto, purché l’accordo sia formalizzato attraverso una procedura di conciliazione presso l'Ispettorato Territoriale del Lavoro.
Stagisti, tirocini e lavoro stagionale: quando si ha diritto alla Naspi
Gli stagisti e i tirocinanti non hanno diritto alla Naspi, in quanto non vengono versati contributi durante il periodo di tirocinio. Anche i lavoratori stagionali che non hanno accumulato almeno 13 settimane di contributi nei 4 anni precedenti la cessazione del contratto non hanno diritto all’assegno.
Partita Iva, co.co.co. e altri contratti parasubordinati: nessun diritto alla disoccupazione
I lavoratori con partita Iva, i liberi professionisti, i collaboratori coordinati e continuativi (co.co.co.) e i contratti di collaborazione occasionale non hanno diritto alla Naspi, poiché l’assegno è destinato esclusivamente ai lavoratori con un contratto di lavoro dipendente.
Lavoro a chiamata e Naspi
Anche i lavoratori a chiamata, o intermittenti, che perdono il lavoro hanno diritto alla Naspi, a condizione che abbiano accumulato il numero sufficiente di contributi. Se il lavoro a chiamata è stato regolare e il contratto non è stato rinnovato per cause non imputabili al lavoratore, l’indennità di disoccupazione spetta come a qualsiasi altro dipendente.
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