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Finta Separazione per non pagare le tasse, attento all’evasione fiscale: c’è la denuncia e in alcuni casi la reclusione

Pubblicato il: 12/03/2025

Di per sé, una separazione fittizia tra coniugi non costituisce necessariamente un reato penalmente perseguibile. Tuttavia, la stessa diventa un illecito quando l'intento dei coniugi è fraudolento. Ad esempio, se la separazione viene architettata per ottenere indebitamente assegni, agevolazioni o altre provvidenze a cui non si avrebbe diritto, si configura come una vera e propria frode ai danni del Fisco e dello Stato. Se l'intento fraudolento viene provato, i coniugi rischiano una denuncia e un procedimento penale. Inoltre, sono obbligati a restituire le somme evase o indebitamente percepite.

Diversi sono gli indizi che possono insospettire l’Agenzia delle Entrate e i giudici:

  • prove dai social media: foto, post, commenti sui social network che dimostrano la prosecuzione della vita coniugale (si v. Cass. n. 8259/2025);
  • tempistica sospetta: la separazione avviene poco dopo la notifica di un avviso di accertamento o di una cartella esattoriale o successivamente al colloquio informale col funzionario dell’Agenzia delle Entrate;
  • mancato cambio di abitudini: i coniugi continuano a frequentare gli stessi amici, a condividere le spese, ecc. In particolare, è proprio la permanenza nella stessa abitazione il principale indizio di un intento fraudolento della coppia: per provarlo basta verificare che, sulla cassetta della posta, sia presente ancora il cognome di entrambi, o ascoltare le testimonianze dei vicini.

Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è previsto dall’art. 11 del D. Lgs. n. 74 del 2000; esso si configura quando un contribuente, per non pagare le imposte sui redditi (Irpef, Ires, Irap) o l’IVA, nonché gli interessi e le relative sanzioni, per un importo superiore a 50.000 euro, compie «atti fraudolenti» sui propri beni o su quelli di altri, con l’obiettivo di rendere infruttuosa la procedura di riscossione coattiva da parte dello Stato.

Si prevedono le seguenti pene:

  • reclusione da 6 mesi a 4 anni se l’importo delle tasse, interessi e sanzioni non pagate è superiore a 50.000 euro;
  • reclusione da 1 anno a 6 anni se l’importo supera i 200.000 euro.

Se il contribuente ha un debito inferiore a 50.000 euro col Fisco o se le imposte evase non riguardano Irpef, Ires, Irap o Iva, si prospetta comunque il rischio che il Fisco agisca con l’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. o con l’azione di simulazione ex art. 1415 c.c. Si rammenta che l'azione revocatoria va proposta in giudizio entro 5 anni dalla data di compimento dell’atto dispositivo, con la conseguenza che, se non è impugnato entro il termine previsto dalla legge – ovvero 5 anni – lo stesso diviene irrevocabile. Non sono previsti, invece, termini per esercitare l’azione di simulazione.

In altre parole, si chiede al giudice di ordinare la reintegrazione dei beni sottratti ai creditori nel patrimonio del coniuge debitore, così da procedere con il pignoramento e, se necessario, con l’esecuzione forzata dei beni.

Altro caso: se lo scopo della falsa separazione è ottenere agevolazioni fiscali, alle quali non si avrebbe avuto diritto in regime di matrimonio. Se la coppia ha un tenore di vita difforme rispetto a quanto dichiarato, ciò potrebbe far scattare gli accertamenti della Guardia di Finanza e la condanna per “truffa ai danni dello Stato” ex art. 640 del codice penale.
Molto spesso, infatti, dietro una separazione fittizia c’è l’intento di figurare come una famiglia monoreddito e, quindi, pagare meno tasse.


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