Pubblicato il: 29/03/2025
Il fatto
Un lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli per aver fumato in un’area aziendale in cui vigeva il divieto di fumo.
La Corte d’Appello accoglie la predetta domanda, sul presupposto che la società era a conoscenza della prassi dei dipendenti di fumare in quell’area e non aveva mai adottato alcun provvedimento per far rispettare il divieto di fumo.
In particolare, Corte d’Appello ha considerato come pacifiche le seguenti circostanze:
- che il dipendente avesse fumato nella zona air-side, pur essendo consapevole del divieto di fumo;
- che in quella zona non vi era alcun cartello recante il divieto di fumo e che tutti si recavano lì a fumare, compresi i diretti superiori;
- che, in base alle prove raccolte, la società era a conoscenza della prassi dei lavoratori di fumare nell'area air-side e che non aveva mai adottato alcun provvedimento per far rispettare il divieto di fumo.
Ha aggiunto, la Corte, nelle sue argomentazioni che neppure vi era prova certa che la zona ove il ricorrente era stato sorpreso a fumare fosse effettivamente air-side, poiché le testimonianze sul punto erano contraddittorie e la società, onerata, non aveva prodotto utile documentazione al riguardo.
I giudici di appello, quindi, hanno ritenuto che l'accertata "tolleranza" di parte datoriale rispetto all'abitudine dei dipendenti di fumare in quella zona – ove neppure era apposto un cartello recante il divieto – fosse sintomatica di una valutazione di quella prassi come non illecita; da ciò hanno desunto l'assenza di rilievo disciplinare dell'addebito contestato e, quindi, l'insussistenza del fatto.
Cosa ha detto invece la Cassazione?
La Cassazione ha ribaltato la pronuncia di merito, rilevando che "la tolleranza della datrice di lavoro rispetto all'inadempimento degli obblighi gravanti sui dipendenti e certamente afferenti al rapporto di lavoro (violazione del divieto di fumare in una determinata zona) non è di per sé idonea a far venire meno l'antigiuridicità della condotta, né dal punto di vista oggettivo né dal punto di vista soggettivo".
Inoltre i Giudici sottolineano che, in ordine alle ipotesi di tolleranza di condotte illegittime, si è affermato da consolidata giurisprudenza "come non sia sufficiente la mancata reazione del soggetto deputato al controllo a far venire meno l'illiceità della condotta e che l'esclusione di responsabilità dell'autore della violazione intanto è configurabile in quanto ricorrano elementi ulteriori, capaci di ingenerare nel trasgressore la incolpevole convinzione di liceità della condotta, sì che non possa essergli mosso neppure un addebito di negligenza".
Secondo i Giudici di legittimità, l'esclusione di responsabilità dell'autore della violazione è, quindi, configurabile solo qualora ricorrano elementi ulteriori, capaci di ingenerare nel trasgressore la incolpevole convinzione di liceità della condotta.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie, pertanto, il ricorso proposto dalla società, pronunciando la legittimità del licenziamento intimato.
Vai alla Fonte [mc4wp_form id="5878"]