Pubblicato il: 09/03/2025
Il Tribunale di Foggia, con la recente sentenza n. 403 del 2025, ha affrontato questo tema, rispondendo positivamente.
Il caso sottoposto all’attenzione del Tribunale riguardava un soggetto che, dopo aver comprato un’automobile usata al prezzo di circa 5.000 euro, veniva coinvolto in un incidente stradale. Il sinistro avveniva dopo qualche settimana dall’acquisto.
Avviato il processo civile dinanzi al Giudice di Pace, in base alla stima effettuata dal consulente tecnico d’ufficio, al proprietario dell’auto veniva riconosciuto un risarcimento danni di quasi 7.000 euro (dunque, maggiore del prezzo di acquisto dell’auto).
La sentenza di primo grado era impugnata con appello dinanzi al Tribunale di Foggia, il quale però confermava la pronuncia del Giudice di Pace.
Cosa ha stabilito il Tribunale?
Secondo il Tribunale, per il calcolo del risarcimento, il prezzo di acquisto di un’automobile usata non è sempre un criterio corretto da seguire, poiché esso potrebbe essere condizionato da svariati fattori. Ad esempio, pensiamo all’ipotesi in cui venditore ed acquirente siano amici e l’auto venga venduta ad un prezzo di favore con un notevole sconto.
In realtà, bisogna distinguere tra il prezzo di acquisto e il valore di mercato dell’auto: il valore di mercato è il valore commerciale del bene (cioè, la stima del prezzo a cui esso sarà presumibilmente venduto sul mercato locale alla data di valutazione); invece, il prezzo d’acquisto rappresenta il prezzo che l’acquirente corrisponde effettivamente.
Ebbene, il parametro da seguire per la determinazione del risarcimento è il valore di mercato del veicolo nel momento storico del sinistro. Però, si deve tener presente che questo può variare in base a svariati fattori come l’età del veicolo, i chilometri percorsi, le condizioni generali e il mercato locale.
Tuttavia, una volta determinato il danno, cosa succede se i costi di riparazione del veicolo sono superiori al suo valore attuale di mercato?
In queste situazioni, si parla di c.d. danno antieconomico.
Ai sensi del codice civile (art. 2058 del c.c.), il danneggiato può chiedere la reintegrazione del danno in forma specifica (cioè, il rimborso delle spese di riparazione) quando sia in tutto o in parte possibile. Tuttavia, il giudice può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente (in tal caso, la compagnia dovrebbe pagare soltanto il valore del veicolo) se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa.
Dunque, in generale, se la riparazione costa più di quanto vale il bene, al danneggiato spetterebbe una somma pari al valore di mercato dell’auto e non la somma necessaria alla riparazione. Infatti, se così non fosse, ci sarebbe un ingiusto arricchimento del danneggiato, il quale andrebbe a trovarsi l’auto con pezzi nuovi e migliorie rispetto a prima del sinistro o, addirittura, potrebbe acquistare un veicolo più nuovo di quello precedente.
Tuttavia, c’è un’eccezione.
Per la Corte di Cassazione, il risarcimento in forma specifica può essere rifiutato solo quando ci sia una notevole sproporzione tra il costo delle riparazioni e il valore del veicolo prima dell’incidente. Di conseguenza, se il risarcimento è di poco superiore al valore dell’auto (ad esempio, la riparazione costa 9.000 euro e il valore dell’auto è di 8.000 euro), al proprietario sarà riconosciuto l’importo necessario alla riparazione.
Dunque, il risarcimento può essere superiore al valore di mercato dell’auto, ma a condizione che non ci sia un arricchimento indebito per il proprietario: cioè, pur pagando una somma superiore al valore di mercato, il veicolo non deve aumentare di valore dopo la riparazione.
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