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Lavoratore, da oggi il datore di lavoro non può spiare le tue e-mail, anche se usi dispositivi aziendali: nuova sentenza

Pubblicato il: 08/09/2025

Nell’era del lavoro digitale la linea di confine tra strumenti aziendali e vita privata dei dipendenti è sempre più sottile. Computer, smartphone e caselle di posta elettronica messi a disposizione dalle imprese sono diventati strumenti indispensabili per l’attività professionale, ma spesso contengono anche tracce della vita privata di chi li utilizza. Ebbene, è lecito chiedersi fino a che punto il datore di lavoro possa spingersi nel controllo di questi strumenti senza violare la privacy del lavoratore.

Una risposta arriva dalla Corte di Cassazione: con la recente sentenza n. 24204 del 29 agosto 2025, la Sezione Lavoro ha ribadito che la corrispondenza privata resta inviolabile, anche quando transita o è archiviata su server e dispositivi aziendali.
Tale orientamento trova sostegno anche nell’ordinamento europeo, secondo cui la corrispondenza elettronica rientra a pieno titolo nella sfera protetta dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, secondo cui “Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.”.

Il caso concreto: e-mail private usate in giudizio
La vicenda oggetto della pronuncia riguardava un’impresa che aveva cercato di dimostrare presunti comportamenti di concorrenza sleale di alcuni ex dipendenti utilizzando e-mail a carattere personale rinvenute nei sistemi informatici aziendali messi a disposizione dei lavoratori stessi. La posizione della società si basava sull’idea che, trattandosi di strumenti informatici propri, non fosse necessaria alcuna chiave di accesso.

I limiti al controllo del datore di lavoro
Gli Ermellini, però, hanno confermato la decisione della Corte d’Appello di Milano, ritenendo che il materiale così ottenuto non fosse utilizzabile come prova, poiché acquisito in violazione dei principi che regolano la protezione della privacy dei lavoratori.
Ogni forma di monitoraggio delle comunicazioni dei dipendenti deve rispettare criteri di legittimità e proporzionalità.

Ciò significa che:

  • il controllo può essere giustificato solo da motivazioni gravi e specifiche;
  • le modalità scelte devono essere le meno invasive possibili;
  • i lavoratori devono ricevere un’informativa chiara e preventiva sulle possibilità e sui limiti dei controlli.

Non sono quindi ammissibili attività di vigilanza indiscriminata, né controlli preventivi slegati da esigenze difensive concrete. Nel caso di specie, la mancanza di regole interne precise e di informative adeguate ha reso l’intera operazione illegittima.

Fortemente consolidato è l’orientamento della giurisprudenza di legittimità in materia, che in altri casi ha escluso la possibilità di raccogliere e classificare dati personali relativi alla navigazione web, all’uso della posta elettronica o delle utenze telefoniche in violazione delle norme dello Statuto dei Lavoratori (art. 4 dello st. lav.) e del Codice Privacy.
Particolarmente significativo è anche il richiamo alla giurisprudenza penale: l’accesso abusivo a un account e-mail protetto da password integra non solo la violazione di corrispondenza (art. 616 del c.p.), ma anche il reato di accesso abusivo a sistema informatico (art. 615 ter del c.p.).


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