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Lavoratore, fare avances alla collega può costarti il posto di lavoro, anche senza testimoni: ecco la sentenza

Pubblicato il: 29/07/2025

Il fatto è accaduto in un edificio universitario, durante una festa di pensionamento. Un lavoratore addetto alla reception, visibilmente alterato dall’alcol, ha deciso di allontanarsi senza motivo dalla sua postazione per raggiungere una collega. In preda all’entusiasmo e probabilmente alla disinibizione da ebbrezza, ha iniziato ad abbracciarla, rivolgerle frasi di apprezzamento non gradite e infine l’ha baciata sulla bocca senza alcun consenso.
Il gesto ha colto la donna completamente alla sprovvista. Ma ciò che è accaduto dopo è stato altrettanto sorprendente: il tribunale di primo grado ha ritenuto non provata la giusta causa per il licenziamento. Il motivo? La collega aveva denunciato l'accaduto con un certo ritardo e non aveva chiesto immediatamente aiuto. Per il giudice, questi elementi minavano la credibilità del suo racconto. Inoltre, si è ritenuto che l’episodio non fosse così grave da giustificare la sanzione più severa: il licenziamento in tronco.
Il lavoratore, così, era stato reintegrato nel suo posto, mentre la vittima della molestia ha deciso di non arrendersi e ha presentato ricorso in appello. È a questo punto che la storia prende una piega radicalmente diversa.
La Corte d’Appello ribalta tutto: anche un solo bacio può valere il licenziamento
Con la sentenza n. 150/2024, la Corte d’Appello di Torino ha completamente ribaltato la decisione di primo grado, offrendo un’interpretazione molto più rigorosa del comportamento del lavoratore. Il punto centrale della decisione è l’applicazione dell’articolo 26, comma 2, del D.Lgs. 198/2006, meglio noto come Codice delle pari opportunità tra uomo e donna. Questo articolo stabilisce che: "si considerano discriminazioni le molestie, ovvero quei comportamenti indesiderati a connotazione sessuale, espressi in forma fisica, verbale o non verbale, che violano la dignità della persona e creano un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo".
Secondo i giudici d’appello, l’abbraccio e il bacio improvviso, accompagnati da parole inopportune, costituiscono a tutti gli effetti molestie sessuali. Non importa se il gesto è stato compiuto una sola volta o se non c’erano altri testimoni: ciò che conta è che la vittima non lo abbia gradito e che si sia sentita violata nella sua dignità personale.
Inoltre, è stato richiamato l’articolo 48, lettera b), del CCNL Multiservizi, che autorizza il licenziamento per giusta causa nei casi in cui si verifica una rottura del vincolo fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro. In questo caso, è stato ritenuto evidente che un comportamento così grave e inappropriato rendesse impossibile la prosecuzione del rapporto lavorativo, anche temporaneamente.
La testimonianza della vittima è sufficiente
Un altro aspetto fondamentale della sentenza riguarda il valore della testimonianza della persona offesa. In primo grado, la sua versione era stata considerata poco credibile perché non aveva segnalato immediatamente la molestia. La Corte d’Appello, invece, ha chiarito un punto essenziale: in sede civile, a differenza del penale, non serve un riscontro esterno per rendere valida una testimonianza.
I giudici spiegano che la sola parola della vittima può costituire prova piena, se il racconto è coerente, preciso e plausibile. E così è stato: la donna ha fornito una ricostruzione dettagliata dei fatti, senza contraddizioni, priva di toni vendicativi, e supportata dal contesto (la presenza alla festa, lo stato di ebbrezza dell’uomo, la dinamica dell’evento).
Anche il ritardo nella denuncia non è stato considerato un elemento invalidante. Secondo la Corte, è perfettamente comprensibile che una vittima possa impiegare qualche giorno per elaborare il trauma e decidere di parlarne. L’importante è che il fatto venga comunque segnalato e accertato. In questo caso, la condotta dell’uomo è stata considerata talmente grave da rendere irrilevanti le tempistiche della denuncia.
La lezione per tutti: rispetto e consenso sono obblighi, non gentilezze
Questa sentenza non è solo una decisione isolata, ma un precedente importante per tutti i lavoratori e le aziende. Il messaggio è chiarissimo: anche un singolo gesto a sfondo sessuale, se non richiesto, può costare il posto di lavoro. Non serve che ci siano più vittime, non serve che ci siano testimoni: basta la parola della persona offesa, se ritenuta credibile.
Inoltre, il caso dimostra che lo stato di ebbrezza non attenua la responsabilità, ma semmai aggrava la situazione. Essere “fuori controllo” non è una scusa valida per comportarsi in modo molesto o offensivo nei confronti di un collega.


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