Pubblicato il: 13/08/2025
Le verifiche, stando a quanto denunciano Cgil e Uil, non si sarebbero fermate all’ambito lavorativo, ma avrebbero riguardato anche la vita privata dei dipendenti, arrivando a documentare episodi personali, come una cena tra amici.
Pochi giorni dopo è arrivata la decisione: licenziamento in tronco in quanto “non esiste più il rapporto fiduciario necessario”. L’azienda, secondo quanto riportato, avrebbe imputato ai lavoratori di aver espresso giudizi favorevoli alla precedente dirigenza, a svantaggio della nuova.
Immediata la contestazione dei sindacati, le cui critiche portano a una riflessione più ampia: fino a che punto un datore di lavoro può spingersi nel monitorare un dipendente?
Investigatori privati e diritto del lavoro: cosa dice la legge
Il ricorso alle agenzie investigative è uno strumento legittimo, ma solo entro limiti precisi. Il datore di lavoro può incaricare un investigatore per tutelare il patrimonio e l’immagine aziendale, oppure per verificare condotte illecite, ma non può utilizzarlo per controllare in modo occulto il corretto svolgimento della prestazione lavorativa.
La normativa di riferimento (art. 3 dello st. lav. e art. 4 dello st. lav.) e la giurisprudenza parlano chiaro: il controllo investigativo è ammissibile quando mira ad accertare comportamenti estranei alle mansioni contrattuali, ma comunque idonei a danneggiare l’azienda o a incrinare il vincolo fiduciario.
La Cassazione ha più volte confermato la legittimità di questo strumento, sia in presenza di prove concrete che il dipendente abbia commesso un illecito, sia quando sussista un semplice sospetto fondato.
Le situazioni più ricorrenti riguardano:
- attività lavorative in concorrenza con l’azienda, anche svolte fuori orario;
- impiego in altre attività durante un’assenza per malattia o infortunio;
- uso improprio dei permessi previsti dalla Legge 104;
- falsa attestazione della presenza in servizio;
- sottrazione di beni aziendali o denaro di cassa.
Una questione anche politica
Cgil e Uil, oltre ad avviare le azioni legali, chiedono ora un incontro con il sindaco di Tivoli e con la giunta comunale, per discutere il caso insieme alla direzione aziendale. Le cartiere, ricordano, sono state per decenni un pilastro dell’economia e dell’identità della zona tiburtina: una vicenda come questa, se non chiarita, rischia di creare un precedente pericoloso.
Il timore dei sindacati è che il “controllo investigativo” possa trasformarsi in uno strumento di pressione fuori dalle regole, con ricadute pesanti sulla libertà personale e sulla serenità dei lavoratori.
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