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Lavoratori, ecco come funzionano i permessi per la malattia di tuo figlio: retribuzione, documenti necessari e limiti

Pubblicato il: 01/04/2025

La malattia del figlio è un evento che potrebbe spingere un lavoratore subordinato o una lavoratrice subordinata ad assentarsi dal lavoro, per prestare le opportune cure e agevolare la pronta guarigione. In queste circostanze, una domanda che sorge spontanea è la seguente: tali permessi sono retribuiti e, quindi, riconosciuti in busta paga? Per rispondere al quesito è necessario considerare che cosa dice la legge a riguardo, pur premettendo che ogni singolo contratto collettivo è e sarà libero di includere – in materia di permessi per malattia della prole – disposizioni più favorevoli, rispetto a quelle introdotte dal legislatore.

Ebbene, il riferimento normativo è nel D.Lgs. n. 151 del 2001, ossia il noto Testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità. In esso, oltre ad apposite regole (ad esempio in tema di lavoro notturno o di licenziamento della lavoratrice in gravidanza), troviamo l'art. 48 che – sul piano del trattamento economico e normativo – dispone il computo dei permessi per malattia del figlio nell'anzianità di servizio.

Per quanto qui specificamente interessa, la stessa normativa – all'art. 49 (dal titolo "Trattamento previdenziale") – dispone altresì che tale periodo di assenza dall'ufficio non è retribuito ma, fino a tre anni di età del figlio, è coperto da contribuzione figurativa ai fini previdenziali. Mentre, tra i tre e gli otto anni di età del figlio, il congedo non solo non è retribuito, ma non è prevista neanche contribuzione figurativa.

In busta paga i dipendenti assenti non vedranno, dunque, "stipendiate" le ore utilizzate per il permesso di malattia, a meno che il singolo contratto collettivo applicato in azienda non preveda – come accennato – una disciplina di maggior favore. Ecco perché è sempre opportuno leggere con attenzione il testo del Ccnl applicato al proprio rapporto di lavoro, per individuare eventuali differenze rispetto a quanto previsto dal Testo unico del 2001.

Rimarchiamo inoltre che – per legge – ambo i genitori, alternativamente tra loro, hanno pieno diritto di astenersi dal lavoro per periodi corrispondenti alle malattie di ogni figlio di età non maggiore di tre anni. Possono, cioè, usufruire del permesso per tutta la durata del periodo di indisposizione della prole. Invece, per i figli di età compresa tra i tre e gli otto anni, si applica il limite di cinque giorni lavorativi di assenza all'anno.

Infine, per fruire di tali permessi, il genitore deve presentare il certificato di malattia emesso da un medico specialista del Servizio sanitario nazionale, o con esso convenzionato. In particolare, tale certificato deve essere trasmesso online all’Inps direttamente dal medico curante del SSN. Successivamente, a scopo informativo, la certificazione sarà inviata senza indugio dall'ente di previdenza al datore di lavoro interessato.


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