Pubblicato il: 17/01/2025
Tuttavia, non sempre il ritardo è dovuto alla negligenza e all'insufficiente organizzazione da parte del lavoratore: talvolta entrano in gioco fattori del tutto estranei e non controllabili, come nel caso del treno che giunge a destinazione con svariati minuti di ritardo rispetto a quanto programmato.
In merito ai risvolti in una pluralità di casi simili, merita di essere conosciuta la vicenda giudiziaria scaturita da un licenziamento disciplinare inflitto nel 2022 ad una dipendente part-time di una gelateria che, pendolare residente in provincia di Firenze, dopo aver chiesto – e ottenuto – un congedo per motivi di studio universitario, era stata spostata dal negozio della stazione ad uno situato nel centro storico del capoluogo toscano.
Gli spostamenti in treno, insieme al tratto di strada da fare a piedi per raggiungere il nuovo posto di lavoro, hanno portato a una serie di ritardi rispetto all'orario prefissato per l'inizio dell'attività di lavoro. Tuttavia, alla luce dei fatti emersi in corso di causa, tali ritardi non sono stati configurati dai giudici come il risultato di un comportamento negligente o di una scarsa solerzia nel rispettare l'orario di lavoro, bensì come conseguenza della non puntualità delle linee ferroviarie regionali e del minor numero di treni nei giorni festivi, in cui la donna lavorava come gelataia.
In particolare, nel corso della disputa giudiziaria la difesa della donna aveva spiegato che quest'ultima, nel periodo dell'attività in stazione, riusciva quasi sempre a entrare in negozio in orario, ma in seguito – dovendo fare a piedi il tratto fino al nuovo luogo di lavoro – per otto volte in quattro mesi era stata costretta, suo malgrado, ad arrivare in ritardo alla gelateria.
Il ritardo, in realtà, non era dovuto soltanto ai disservizi nei trasporti ferroviari. Infatti, in corso di causa era altresì emerso che non sussisteva alcuna giustificata ragione per spostare la giovane in un altro negozio della catena: grazie alle carte del processo, gli avvocati della donna hanno chiarito che il suo posto di lavoro, in stazione, era stato affidato ad un'altra dipendente. In sostanza, il datore di lavoro si era reso corresponsabile dei ritardi per il più lungo tragitto tra casa e luogo di lavoro. Quindi, nulla era imputabile – sul piano disciplinare – alla dipendente licenziata.
Non solo. A seguito del ricorso in appello da parte del datore di lavoro, la sentenza di tribunale – a lui sfavorevole – era stata confermata e, anzi, il licenziamento andava configurato come "risorsivo", perché correlato a ritardi successivi ad un ingiustificato spostamento di sede di lavoro.
Concludendo, ecco perché la Corte d'appello di Firenze ha confermato la sentenza di tribunale del 2023, dichiarando il licenziamento illegittimo e stabilendo il reintegro della dipendente sul posto di lavoro, insieme a un indennizzo per i mesi in cui non era stato possibile lavorare.
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