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Legge 104, ecco come farti trasferire facilmente presso la sede di lavoro più vicina al disabile che assisti: la sentenza

Pubblicato il: 30/12/2024

Il comma 5 dell’art. 33 della legge 104 stabilisce che il lavoratore dipendente pubblico o privato – il quale assiste un familiare con disabilità grave, a norma del comma 3 dell’art. 3 della legge 104 – ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere.

Inoltre, un dipendente che fruisce delle agevolazioni previste dalla legge non può essere trasferito senza il suo consenso. Questo divieto è volto a garantire la stabilità lavorativa del dipendente e a preservare la sua capacità di continuare ad assistere il familiare disabile, per il quale richiede le agevolazioni. Tuttavia, affinché questo consenso sia considerato valido e privo di contestazioni future, è necessario che venga formalizzato in una sede protetta, come previsto dall’art. 2113 del c.c..

Le sedi protette possono essere:

  • Ispettorati territoriali del lavoro;
  • Sedi sindacali abilitate;
  • Tribunali o camere di conciliazione.

In queste sedi, il dipendente può dichiarare ufficialmente il proprio consenso al trasferimento, evitando così il rischio che l’azienda venga accusata di aver violato i diritti previsti dalla Legge 104.

La norma si applica a tutti i tipi di trasferimenti, sia temporanei che definitivi, e riguarda qualsiasi cambiamento di sede, a prescindere dalla distanza.
In altre parole sussiste, un divieto di trasferimento per il caregiver che lo rifiuti a causa delle necessità del disabile e, in senso inverso, anche un obbligo per il datore di lavoro di venire incontro ad eventuali richieste del lavoratore di essere trasferito in una sede più comoda per la stessa necessità.

Nell'ordinanza 26343 del 12 settembre 2023, la Cassazione si è occupata del caso di una lavoratrice che aveva fatto ricorso per non aver ottenuto il trasferimento, richiesto al datore di lavoro per esigenze di assistenza a un familiare. Si afferma che il diritto a ottenere il trasferimento in base alla legge 104/1992 è ampio e non «limitato nella sua estensione territoriale alla sola sede di residenza dell’invalido da assistere» .
Il datore di lavoro è tenuto, dunque, a verificare tra le sedi possibili tenendo conto di tutte le preferenze indicate dal dipendente nella domanda di trasferimento. Ancora, va anche dimostrata l'eccedenza di personale, in tali sedi di lavoro, che impedisce il trasferimento stesso.

Per richiedere il trasferimento, il lavoratore deve presentare la domanda all’ufficio del personale della propria amministrazione, se dipendente pubblico, oppure all’INPS, se dipendente privato. Alla domanda devono essere allegati:

  • il verbale della commissione medica che ha accertato la condizione di disabilità grave del familiare o la propria disabilità;
  • un certificato medico che attesti la patologia invalidante, nel caso in cui sia necessaria una deroga al secondo grado di parentela;
  • documenti o dichiarazioni sostitutive che certifichino la sussistenza delle condizioni necessarie per la fruizione del beneficio.

Nel settore pubblico, la domanda va presentata in carta libera, mentre nel settore privato si utilizzano gli appositi moduli INPS. La decorrenza del trasferimento inizia dalla data indicata nella domanda, salvo diverse indicazioni da parte del datore di lavoro o dell’amministrazione, che hanno 60 giorni per sostituire il lavoratore. Il datore di lavoro deve rispondere alla domanda entro dieci giorni e motivare un eventuale diniego. Il lavoratore può chiedere il riesame della domanda entro 20 giorni.

Quando l’Amministrazione di appartenenza del dipendente può negare il trasferimento?
L’Amministrazione può negare il trasferimento soltanto se ci sono criticità reali e specifiche. In pratica, l’Amministrazione deve descrivere con chiarezza i motivi per cui lo spostamento del dipendente causerebbe problemi e deve giustificare in modo solido l’eventuale rifiuto. Non basta dire in generale che mancano persone o che ci sono esigenze di servizio. Al contrario, occorre indicare quali difficoltà concrete potrebbero nascere.
Come sottolineato recentemente dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 9322 del 20/11/2024, nell’ambito dei rapporti di lavoro pubblico non privatizzati, il citato art. 33, comma 5 della Legge 104 comporta un contemperamento tra l’interesse del privato e gli interessi pubblici nell’esercizio del potere discrezionale da parte dell’Amministrazione.

D’altronde, questa tipologia di trasferimento viene disposta a vantaggio del disabile e non nell’interesse esclusivo dell’Amministrazione o del richiedente.

Da tale bilanciamento deriva che la pretesa del lavoratore può essere accolta qualora risulti compatibile con le esigenze economiche e organizzative del datore di lavoro e qualora sussista la disponibilità, nella sede di destinazione, del posto in ruolo al fine del proficuo utilizzo del dipendente che richiede il trasferimento.

E in caso di distanza tra il lavoratore e la persona disabile, come funziona il trasferimento?
Se la distanza tra la residenza del lavoratore e quella della persona disabile da assistere non supera i 150 km, non è necessario dimostrare nulla. Se la distanza è superiore ai 150 km, il lavoratore deve attestare la sua presenza presso il familiare disabile, esibendo un titolo di viaggio o altra documentazione che confermi lo spostamento. È l’INPS a valutare l’adeguatezza della documentazione. La legge riconosce il diritto al trasferimento anche nel caso in cui il lavoratore risieda o lavori lontano dall’abitazione del disabile, a condizione che l’assistenza sia adeguata.


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