Pubblicato il: 16/08/2025
Per chi vive già una situazione di precarietà lavorativa, è indubbio che vedersi recapitare una richiesta di rimborso possa essere destabilizzante, soprattutto quando le somme da restituire sono già state impiegate per sostenere spese quotidiane, affitto o bollette.
Si tratta di una situazione che non è circoscritta solamente a chi abbia commesso errori nella domanda o abbia omesso di segnalare l’inizio di un nuovo lavoro, ma anche casi in cui l’Istituto ha effettuato i pagamenti pur in mancanza dei requisiti.
Quando l’INPS può chiedere indietro la Naspi
La regola di fondo è chiara: ogni prestazione da parte dell’INPS deve essere corrisposta solo se sussistono i requisiti previsti dalla legge. Nel momento in cui l’Istituto accerta un’erogazione superiore al dovuto – a causa di un errore interno o perché il beneficiario non ha segnalato tempestivamente un cambiamento della propria situazione lavorativa – scatta il recupero delle somme.
La Naspi, nello specifico, è destinata a chi perde il lavoro in modo involontario, viene calcolata sulla base delle settimane lavorate negli ultimi quattro anni ed erogata fino a 2 anni. Se il beneficiario trova un nuovo impiego o percepisce redditi oltre determinate soglie, l’INPS può sospendere o revocare la prestazione.
Come anticipato, il problema sorge nel momento in cui l’erogazione delle somme prosegue anche se non spetta più. In questo caso, l’INPS considera gli importi come “indebiti” e procede alla richiesta di rimborso.
Cosa fare se arriva una richiesta di rimborso
La prima cosa da fare quando si riceve una comunicazione di restituzione di indebito da parte dell’INPS è verificare la correttezza della richiesta: controllare date, importi e motivazioni riportate nella lettera.
Se si ritiene che la pretesa sia ingiustificata, è possibile presentare ricorso amministrativo all’INPS entro 90 giorni.
Un’altra opzione potrebbe essere quella di eccepire la prescrizione. Tuttavia, è bene tenere a mente che l’INPS può chiedere il recupero delle somme indebite entro 10 anni dal pagamento. Decorso questo termine, il debito può essere contestato.
Infine, l’ultima possibilità è quella di richiedere una rateizzazione: in caso di difficoltà economiche, è possibile diluire il pagamento in più rate, presentando la documentazione che attesti la propria situazione finanziaria.
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