Pubblicato il: 18/04/2025
Molti liberi professionisti e piccoli imprenditori che hanno scelto questo regime agevolato – attratti dalla flat tax al 15% o al 5% – si trovano oggi a dover affrontare verifiche mirate, spesso con accessi diretti presso la sede dell’attività, che in molti casi coincide proprio con il luogo di residenza.
Il regime forfettario, introdotto per semplificare la fiscalità dei piccoli contribuenti, è stato spesso oggetto di abusi o applicazioni scorrette. L’Agenzia delle Entrate mira a verificare:
- l’effettiva sussistenza dei requisiti per accedere e rimanere nel regime;
- la veridicità dell’attività dichiarata (es. verifica che l’attività sia realmente svolta);
- la coerenza tra i dati comunicati e la realtà operativa del contribuente.
In questo contesto, i controlli riguardano anche l’uso promiscuo dell’abitazione, cioè quando il contribuente utilizza parte della propria casa come luogo di lavoro. In questi casi è fondamentale che quanto indicato nel quadro RS della dichiarazione dei redditi corrisponda alla realtà.
Il quadro RS è una sezione della dichiarazione dei redditi (modello Redditi Persone Fisiche) in cui i contribuenti forfettari devono inserire alcune informazioni specifiche relative all’attività svolta.
In particolare, vanno indicati dati come:
- la superficie dell’immobile destinata all’attività;
- l’ubicazione dell’attività (domicilio, sede legale, sede operativa);
- l’eventuale uso promiscuo dei locali (ossia locali che vengano adibiti a luogo di abitazione e sede di lavoro);
- le spese sostenute, anche se non rilevanti ai fini del calcolo dell’imposta (nel forfettario le spese non si deducono analiticamente, ma è comunque obbligatorio fornire certe informazioni).
Quando i funzionari dell’Agenzia delle Entrate effettuano un controllo, possono richiedere l’esibizione della documentazione relativa all’attività (fatture emesse, eventuali contratti, PEC, iscrizione ad albi, ecc.); accedere fisicamente ai locali dichiarati come sede dell’attività; verificare se l’attività è realmente esercitata e in che misura rispetto a quanto dichiarato; controllare se vi siano collaborazioni fittizie, intestazioni di partita IVA a prestanome o situazioni non compatibili con il regime agevolato; acquisire dichiarazioni scritte dal contribuente o da eventuali terzi presenti al momento del controllo.
Nel caso di accesso in una abitazione privata, che coincide con la sede dell’attività, l’Agenzia deve rispettare determinate garanzie: l’accesso è possibile solo con il consenso del contribuente, oppure previa autorizzazione del procuratore della Repubblica.
Se, a seguito dei controlli, emerge che il contribuente non possiede i requisiti per l’accesso o il mantenimento del regime forfettario (ad esempio perché ha superato i limiti di reddito o perché svolge attività incompatibili), oppure che abbia fornito informazioni false o omesso dati rilevanti (ad esempio un quadro RS non veritiero o l’occultamento di rapporti di lavoro subordinato), si rischiano pesanti conseguenze fiscali, tra cui:
- decadenza retroattiva dal regime forfettario con ricalcolo dell’imposta secondo il regime ordinario;
- applicazione di sanzioni amministrative, che possono arrivare anche al 240% delle imposte evase;
- accertamenti d’ufficio e iscrizioni a ruolo, con recupero forzoso delle somme;
- in casi gravi, possono verificarsi anche ipotesi di evasione fiscale penalmente rilevanti.
Qualora vi siano dubbi, è opportuno rivolgersi a un commercialista esperto in fiscalità dei forfettari, al fine di valutare se si è effettivamente in regola e per tutelare la propria posizione fiscale in caso di verifica.
Vai alla Fonte [mc4wp_form id="5878"]