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Pensione di reversibilità, spetta anche all’ex coniuge, ma conta la durata del matrimonio: sentenza della Cassazione

Pubblicato il: 01/09/2025

Il caso trae origine dal decesso, il 18 settembre 2016, di C.C., pensionato assicurato, il quale lasciava due ex partner con rapporti giuridici e di fatto diversi: A.A. (prima moglie, divorziata dopo un matrimonio durato circa 36 anni) e B.B. (seconda moglie, coniuge superstite al momento del decesso, con un matrimonio durato circa 7 anni, ma preceduto da una convivenza more uxorio di circa 13 anni).

Alla luce dell’art. 9 della legge divorzio la prima moglie ha chiesto la quota di reversibilità spettante all’ex coniuge, deducendo l’esistenza dei presupposti per il riconoscimento di una quota iure proprio; la Corte d’Appello di Palermo, valorizzando la durata dei rapporti, aveva elevato la quota dell’ex coniuge dal 20% riconosciuto in primo grado al 35%, ordinando all’INPS di eseguire la ripartizione.

Il giudizio è giunto dinanzi alla Corte di Cassazione, che si è pronunciata con l’ordinanza 23851/2025.

In primo luogo, gli Ermellini hanno accolto il primo motivo di ricorso, avente ad oggetto l’omessa pronuncia sulla decorrenza: la Corte d’Appello, pur riformando la quantificazione percentuale, non ha detto nulla sulla decorrenza richiesta dalla ricorrente e valorizzata nel primo grado. La Cassazione richiama il consolidato principio (tra gli altri, Cass. n. 22259/2013) secondo cui, in caso di concorso tra coniuge superstite e coniuge divorziato, il diritto alla quota di reversibilità decorre dal primo giorno del mese successivo al decesso dell’assicurato o del pensionato. La pronuncia che ripartisce la pensione ha carattere costitutivo con efficacia ex tunc, comportando l’applicazione della normativa previdenziale sulla decorrenza e, quindi, l’attribuzione dell’arretrato al coniuge divorziato dalla data predetta. Resta salva la possibilità per l’INPS di recuperare eventuali somme corrisposte in eccesso al superstite (ipotesi di indebito oggettivo, ex art. 2033 del c.c.).

Un altro aspetto rilevante dell’ordinanza attiene alla funzione centrale del criterio temporale: la durata del rapporto coniugale costituisce, nella giurisprudenza e nella prassi giudiziaria, il parametro necessario e preponderante per la determinazione della percentuale da attribuire all’ex coniuge rispetto al coniuge superstite. Questa prevalenza del criterio temporale trova fondamento nella considerazione che la durata del matrimonio è un indicatore oggettivo della maggiore o minore solidarietà e dei contributi reciproci posti in essere durante la vita coniugale.

Tuttavia, la Corte territoriale (e la Cassazione nel richiamare la sua motivazione) precisano che il criterio della durata non è esclusivo: la valutazione discrezionale del giudice di merito può legittimamente introdurre correttivi equitativi quando ricorrono circostanze che incidono in modo significativo sull’effettivo squilibrio economico tra gli aventi diritto.

Tra i correttivi maggiormente rilevanti la giurisprudenza ricomprende:

  • convivenza prematrimoniale (more uxorio): la Corte d’Appello ha attribuito rilievo autonomo alla lunga convivenza di B.B. prima del matrimonio (13 anni), ritenendo che tale convivenza produca effetti solidaristici e contribuisca a giustificare una maggiore quota in favore del superstite;
  • assegno divorzile effettivamente percepito: l’entità dell’assegno goduto dall’ex coniuge fino alla morte dell’assicurato è un elemento che incide sulla valutazione. La Corte d’Appello, coerentemente, non ha inteso l’assegno come limite legale alla quota spettante, ma come parametro utile: la perdita di tale introito al momento del decesso può giustificare un incremento della quota disponibile a favore dell’ex coniuge (sottolineando l’effetto compensativo della reversibilità rispetto al venir meno dell’assegno);
  • condizioni economico-reddituali dei coniugi: la comparazione delle condizioni patrimoniali ed economiche costituisce un elemento decisivo; la Corte territoriale ha valutato redditi, proprietà immobiliari, spese abitative e invalidità.

In conclusione, nel concorso fra coniuge superstite e coniuge divorziato, il criterio della durata del rapporto matrimoniale costituisce il parametro necessario e preponderante per la ripartizione della pensione di reversibilità. Tuttavia, esso non è esclusivo: il giudice di merito può modulare le percentuali alla luce di correzioni equitative (convivenza prematrimoniale, entità dell’assegno divorzile, condizioni economico-patrimoniali), purché la decisione sia adeguatamente motivata.
La pronuncia che riconosce la quota al coniuge divorziato ha efficacia costitutiva ex tunc e il diritto decorre dal primo giorno del mese successivo al decesso dell’assicurato; l’INPS è l’unico soggetto obbligato all’erogazione e può recuperare eventuali somme erogate in eccesso.

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