Pubblicato il: 22/03/2025
Occorre innanzitutto segnalare che i contributi, versati anche successivamente alla data del pensionamento, non vanno persi, perché – anche se già liquidata – la pensione può essere ricalcolata.
Ricorre in tal caso il supplemento di pensione, un incremento del trattamento precedentemente liquidato. Si tratta di uno strumento a domanda del pensionato interessato dalla prosecuzione dei versamenti.
In pratica, se alla data del pensionamento un contribuente ha maturato 30 anni di contributi, egli prenderà una pensione calcolata proprio su questi 30 anni. Se poi, successivamente, ne verserà altri 5, la pensione dovrà essere ricalcolata. E il supplemento di pensione permette di ottenere un incremento della pensione proprio alla luce dei sopraggiunti accrediti di contribuzione previdenziale.
Il supplemento di pensione – si ribadisce – non è automatico, ma deve essere il pensionato a produrre istanza all’INPS. Bisogna, tuttavia, rispettare le regole dettate dall'INPS e spiegate nel rispettivo portale istituzionale. Innanzitutto devono essere trascorsi 2 anni dalla data di pensionamento. E, soprattutto, il pensionato deve aver raggiunto già i 67 anni di età, ovvero la soglia anagrafica dell’età pensionabile.
Erroneamente si pensa, dunque, che i contributi versati dopo la pensione vadano persi: la realtà è diversa. A seconda del tipo di pensione percepita, potrebbero esserci somme aggiuntive spettanti, ma spesso non si sa come richiederle. Si analizzano di seguito le diverse fattispecie.
Pensione di vecchiaia: chi ha raggiunto l’età pensionabile può lavorare senza limiti e senza penalizzazioni. I contributi versati possono incrementare la pensione attraverso la richiesta di un supplemento ogni cinque anni (o ogni due anni dopo i 67 anni).
Pensione anticipata: chi ha avuto accesso alla pensione anticipata potrebbe non poter cumulare stipendio e pensione. Ad esempio, chi ha usufruito di Opzione Donna o Quota 100 rischia la sospensione della pensione se supera determinati limiti di reddito (5.000 € annui).
Lavoro autonomo e partita IVA: il pensionato che lavora come autonomo versa i contributi alla Gestione Separata INPS o alla propria cassa previdenziale. Anche in questo caso, è possibile richiedere un supplemento di pensione dopo un certo numero di anni.
Una novità importante riguarda la malattia retribuita. Come è noto, l'indennità di malattia ha la funzione di compensare la perdita di guadagno derivante da un evento morboso. Tale situazione, secondo un precedente orientamento dell'Inps, non si applica ai titolari di un trattamento pensionistico, i quali non rientrano nel cosiddetto periodo di "protezione" o "copertura assicurativa" (circ. Inps n. 139/1982).
Nella circolare n. 57 dell'11 marzo 2025, l'Inps ha però evidenziato che, per i lavoratori dipendenti già titolari di un trattamento pensionistico, non vi sono deroghe all'obbligo generale di versamento della contribuzione per malattia: tale onere rimane a carico del datore di lavoro, come previsto in base al settore di appartenenza e alla qualifica del lavoratore. Di qui il diritto dei pensionati con rapporto di lavoro dipendente, qualora malati, alla corrispondente prestazione economica. L'Inps, al riguardo, tuttavia sottolinea che fanno eccezione alla compatibilità dell'indennità di malattia con la pensione i casi in cui la legge prevede esplicitamente che non ci sia il diritto alla malattia, come nel caso degli iscritti alla gestione separata.
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