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Prelievo di contanti, ecco cosa non devi fare per evitare segnalazione del Fisco, attento anche alle operazioni in oro

Pubblicato il: 30/05/2025

Devi sapere che l'Agenzia delle Entrate ha il potere di effettuare controlli sui conti correnti dei contribuenti, al fine di verificare la correttezza della dichiarazione dei redditi e l'adempimento degli obblighi fiscali.
Ogni anno, le banche e gli uffici postali sono obbligati a fornire al fisco tutte le informazioni relative ai conti correnti dei contribuenti, come previsto dall'art. 32 delle disp. accert. imp. redditi, che conferisce all'Agenzia delle Entrate poteri di accesso ai dati bancari.
Si tratta di un potere che non richiede un'autorizzazione specifica da parte dell'autorità giudiziaria e che viene esercitato tramite accesso al Registro dei Rapporti Finanziari il quale, a sua volta, è una sottosezione dell'Anagrafe tributaria. Tale database viene alimentato annualmente dalle stesse banche e dagli uffici postali, che sono tenuti per legge a comunicare al fisco la totalità dei rapporti in essere con i contribuenti.
L'analisi dei movimenti può riguardare fino a 5 anni di attività per chi ha presentato la dichiarazione dei redditi, ma non ha incluso determinate voci. Per chi, invece, non ha fatto la dichiarazione, il periodo di controllo può estendersi fino a 7 anni. La scadenza di questi termini è calcolata a partire dal 1° gennaio dell'anno successivo alla presentazione della dichiarazione o alla scadenza del termine per farla.

In caso di utilizzo di un bancomat – per effettuare prelievi di denaro agli sportelli – i limiti giornalieri e mensili variano a seconda della banca che ha emesso la carta.
Generalmente, i limiti di prelievo giornalieri oscillano tra i 250 e i 1.000 euro, mentre i limiti mensili possono arrivare fino a 3.000 euro.

Esiste, inoltre, un vincolo derivante dalla normativa antiriciclaggio.

La stessa infatti prevede che, per prelievi mensili superiori a 10.000 euro, la banca – prima di compiere l'operazione – deve inviare senza ritardo una segnalazione di operazione sospetta (SOS) all'Unità di Informazione Finanziaria per l'Italia (UIF), ovvero l'autorità italiana preposta alla lotta contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. La UIF, a sua volta, analizza le informazioni finanziarie sospette trasmesse dagli intermediari finanziari, per poi trasmetterle agli organi investigativi (Guardia di Finanza, Direzione Investigativa Antimafia) e all'autorità giudiziaria.

In particolare, l'art. 35 del D. Lgs. n. 231 del 2007 prescrive che la segnalazione va fatta quando le banche sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che siano in corso – o che siano state compiute o tentate – operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o che comunque i fondi, indipendentemente dalla loro entità, provengano da attività criminosa.

Il sospetto è desunto dalle caratteristiche, dall'entità, dalla natura delle operazioni, dal loro collegamento o frazionamento o da qualsivoglia altra circostanza conosciuta, in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto cui è riferita.

Ma sulla base di quali indici la banca deve considerare come "sospetta" un'operazione?
Gli indicatori di anomalia sono forniti dalla stessa UIF:

  • importanza insolitamente elevata: un prelievo di contante di importo sproporzionato rispetto al profilo economico del cliente o alla sua normale operatività;
  • frequenza anomala: prelievi frequenti, magari per importi appena sotto soglie specifiche, che possono far pensare a un tentativo di frazionamento;
  • modalità del prelievo: richiesta di banconote di grosso taglio senza una ragione plausibile, prelievi effettuati da persone diverse dall'intestatario del conto senza adeguata giustificazione;
  • incoerenza generale: l'operazione appare illogica o incoerente rispetto all'attività lavorativa dichiarata, alla situazione patrimoniale conosciuta, o alle finalità dichiarate dal cliente;
  • collegamento con altre operazioni sospette: il prelievo si inserisce in un quadro più ampio di transazioni ritenute anomale;
  • informazioni esterne: notizie negative sul cliente, coinvolgimento in indagini, collegamenti con soggetti a rischio.

Anche le operazioni in oro sono considerate sospette?
Al riguardo occorre segnalare che, in data 17 gennaio 2025, è entrato in vigore il D. Lgs. 211/2024, che ha apportato modifiche alla disciplina delle dichiarazioni di operazioni in oro, ad oggi contenuto nella L. n. 7 del 2000. Tra le principali novità, per quanto di competenza dell'Unità di informazione finanziaria per l'Italia, si evidenzia che, a partire dalla predetta data, le operazioni in oro dovranno essere dichiarate alla UIF, qualora il valore risulti di importo pari o superiore a 10.000 euro (non più euro 12.500). La dichiarazione è dovuta anche per le operazioni dello stesso tipo eseguite nel corso del mese solare con la medesima controparte, qualora singolarmente pari o superiori a euro 2.500 e complessivamente pari o superiori a euro 10.000.


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