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Registrare colleghi sul lavoro può costarti il licenziamento, ecco invece quando puoi farlo: nuova sentenza Cassazione

Pubblicato il: 10/09/2025

La vicenda giudiziaria che ha portato alla decisione della Cassazione (sentenza 20487/2025) racconta di un dipendente che ha registrato, di nascosto, una conversazione di due ore tra il direttore del personale e una collega. Quello che sembrava un atto di protezione si è trasformato in un incubo: l'azienda ha scoperto la registrazione clandestina e ha immediatamente sospeso il lavoratore per violazione della fiducia aziendale. Il dipendente ha cercato di difendersi in tribunale, sostenendo di aver agito per tutelare i propri diritti, ma sia il Tribunale che la Corte d'Appello gli hanno dato torto. Le motivazioni? La registrazione era stata prodotta in giudizio solo due anni dopo, in un procedimento completamente diverso, dimostrando che non esisteva alcuna finalità difensiva immediata al momento della registrazione. La Cassazione ha confermato questa linea, stabilendo che, senza una giustificazione concreta e tempestiva, registrare i colleghi può costare caro.
Quando la registrazione diventa prova vincente in tribunale
La Suprema Corte ha chiarito che registrare conversazioni all'insaputa dei presenti non è sempre illegale, purché sia fatto per tutelare un diritto specifico. Secondo l'art. 2712 del c.c., queste registrazioni sono considerate riproduzioni meccaniche e possono avere piena efficacia probatoria se non vengono contestate dalla controparte. In pratica, se l'azienda o il collega riconosce l'autenticità della registrazione, questa può diventare una prova decisiva nel processo. Al contrario, se la registrazione viene contestata, il giudice la valuterà solo come "argomento di prova", un elemento che deve essere combinato con altre prove per essere efficace. La chiave del successo sta nella tempestività: la registrazione deve essere collegata direttamente a una situazione di discriminazione, mobbing, minacce o altre violazioni contrattuali già in corso o imminenti.
Le regole per registrare senza rischiare il posto
La Cassazione ha stabilito criteri precisi per utilizzare le registrazioni in modo lecito. Prima di tutto, deve esistere una finalità di tutela specifica: si può registrare solo quando si ha il ragionevole sospetto di essere vittime di comportamenti illeciti come mobbing, discriminazioni o minacce. La registrazione deve essere pertinente e proporzionata alla situazione, evitando di catturare conversazioni che non riguardano il rapporto di lavoro o che coinvolgono soggetti terzi estranei alla controversia. Il materiale deve essere utilizzato esclusivamente per la finalità difensiva e per il periodo strettamente necessario, evitando di condividerlo con persone non coinvolte nella disputa. La giurisprudenza raccomanda anche di valutare alternative meno invasive, come messaggi di testo, email o dichiarazioni di testimoni, che possono essere altrettanto efficaci senza violare la privacy altrui.
I rischi concreti: dal licenziamento alle conseguenze penali
Quando la registrazione non rispetta i criteri stabiliti dalla Cassazione, le conseguenze possono essere devastanti. L'abuso della registrazione viene considerato una violazione del vincolo fiduciario che lega il lavoratore all'azienda, una mancanza talmente grave da giustificare il licenziamento in tronco.
La giurisprudenza consolidata (Cassazione 16362/2018) ha stabilito che registrare senza giustificazione danneggia irreparabilmente il rapporto di lavoro. Ma i rischi non si fermano qui: oltre alla perdita del posto, si possono affrontare sanzioni penali per violazione della privacy e richieste di risarcimento danni da parte delle persone registrate.
Per questo la Cassazione sottolinea l'importanza del bilanciamento tra diritto alla prova e tutela della riservatezza: ogni situazione deve essere valutata caso per caso, considerando sempre che il diritto di difesa non giustifica qualsiasi comportamento, ma solo quelli strettamente necessari e proporzionati alla tutela dei propri interessi legittimi.


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